Mi sta piacevolmente capitando sempre più spesso di trovare medici così....
Flavia Luchino, pediatra di famiglia - Italia.
"PERCORSI INTEGRATI. LA PAROLA ALLE FAMIGLIE"
Sono una pediatra di famiglia che ha avuto il privilegio di essere invitata ad una riunione transnazionale di progetto del partenariato europeo di apprendimento "La Pedagogia dei Genitori", organizzata, nell'ambito del programma Socrates/Grundtvig 2, dalla Sezione di Pisa-Livorno dell'AIPD. Argomento: valorizzazione dell'esperienza e delle competenze educative dei genitori di bambini in situazione di handicap e/o difficoltà.
Confesso di aver accolto l'invito dopo ben due anni di solleciti affettuosi del coordinatore, dott. Enrico Barone, e fughe nel pregiudizio da parte mia (genitori che si trasformano in tecnici o formatori...! il ruolo dei genitori è affettivo, altrimenti si causano danni emotivi e relazionali disastrosi...ecc. Sono stata implacabile).
Questa volta un barlume di autonomia intellettuale mi ha spinta a verificare di persona: sto studiando la famiglia. E non da ieri. Vado.
Ho ascoltato le testimonianze di molti genitori e di una sorella (in rappresentanza di molti genitori e di molte sorelle e fratelli, provenienti da diversi Paesi europei), i racconti pacati e semplici dei loro percorsi di vita.Inglese, francese ed italiano, diverse condizioni sociali, professioni e religioni, molte diverse malattie rare: le famiglie si alternavano nell'esprimere un unico grande sentimento di dignità e di speranza.Non ho colto mai un solo raggio di aggressività o polemica. Mai. Solo collaborazione, coraggio, competenza, sofferenza, impegno, amore, comprensione.
Ora sono confusa. Più del solito, sì. Ma non è una sensazione sgradevole. E' quasi una liberazione.
Sto rileggendo a piccole dosi le testimonianze, identificandomi via via con le figure professionali incontrate dalla famiglie: siamo solo apparizioni fugaci, nel tempo cambiamo, e l'unica vera continuità è la famiglia, che si fa carico anche dei danni provocati da noi, dalla nostra incompetenza, improvvisazione, presunzione, disorganizzazione, deresponsabilizzazione, e ne sopravvive. In compenso mi illumino leggendo la descrizione di alcuni rapporti felici, quindi possibili, che hanno veramente cambiato le cose, secondo le famiglie, e sono sempre rapporti in cui il tecnico prima di tutto ASCOLTA, con l'anima, senza pregiudizi. Anche se poi non ha grandi mezzi per FARE.Ma perché è così difficile? Perché questo metodo così efficace e così poco dispendioso deve essere così inapplicato, sconosciuto, negato?
In questi mesi di riflessione, ristudiando i documenti dell'AAP (American Academy of Pediatrics) sull'assistenza integrata, i documenti costruttivi dell'ACP (Associazione Culturale Pediatri), la nostra legislazione, le raccomandazioni per i percorsi assistenziali, i principi della "Narrative based Medicine" e dell'EBM, ripensando l'esperienza personale di quasi 30 anni di lavoro con le famiglie fino alla riflessione comune dello scorso anno guidata dal Prof. P. Mastroiacovo lungo la "Maratona di Esperienze di Assistenza Integrata al Bambino con Malattia Rara e alla Sua Famiglia", ed esplorando discipline socioeconomiche e metodologie di ricerca e programmazione sento che questo ruolo dei genitori è ovunque riconosciuto, ma... solo concesso, non implorato, come dovrebbe. Non esplorato, come dovrebbe.
Le famiglie sono considerate espressione di bisogni, prima che fonte di risorse e di sostegno. Sono ancora oggetto di pianificazione, più che soggetti attivi in primo piano.
Il nostro sito pediatrico è nato per la collaborazione con le famiglie. Durante il primo anno di attività, l'area narrativa ha accolto alcune testimonianze (tra cui diverse di sorelle e fratelli) che fanno emergere l'importanza per noi pediatri di ascoltare, rispettare, seguire, accompagnare.Ed è per questo che sono confusa, ora: "ascoltare, rispettare, seguire, accompagnare". Mi sentivo molto avanzata per questo. "Io nel mio ruolo concedo spazio, apro porte e finestre. Sono un medico illuminato".
No. Sono ottusa e presuntuosa.
Io non devo solo "ascoltare, rispettare, seguire, accompagnare".
Devo prima sedermi lì, nel banco, tabula rasa, ed "apprendere". Ribaltare i ruoli, per un po', per pareggiare i conti, e poi proseguire alla pari. Sperando che poi anche i genitori mi concedano di essere ascoltata, rispettata, seguita, accompagnata, per il contributo che posso offrire, in funzione dei bisogni del loro bambino e della loro famiglia.
E con queste premesse faccio una proposta: la parola alle famiglie.Invoco l'apertura di una Libera Università dei Genitori, a cui iscrivermi come pediatra discente. Invitiamo le famiglie a raccontare i loro percorsi, le loro storie, le loro esperienze di vita, anche in relazione alla rete di sostegno sociale, medico e scolastico in cui sono inserite. Accogliamo le testimonianze sul sito www.conosciamocimeglio.it, se lo riterranno utile. Chiederemo aiuto per analizzare quelle testimonianze, per individuare le linee guida comuni, le specificità che non possono essere codificate, i bisogni che devono essere rispettati. Chiederemo aiuto alle famiglie, che hanno già strutturato un sistema di parole chiave da valutare, e poi anche ad altri tecnici, ma in modo paritario. L'ascolto. Un'arte dimenticata, necessaria come il latte materno. Come raccontare fiabe. Questa volta sento di essere io la persona che deve farsi accettare, rispettando delle regole. Ora mi siedo e ascolto.
La lettera di Flavia Luchino è stato pubblicata sulla rivista Medico e Bambino: 6 (2003), p. 359 e ripreso dalla rivista Handicap & Scuola: 110 (luglio-agosto 2003), pp. 25-26.
Grazie Dottoressa
è bello sapere che esistono medici disposti ad ascoltare......perchè non sempre le mamme sono pazze invasate ma spesso possono avere più ragione di voi....
La mamma di Nathan