mercoledì 14 maggio 2008

Monica e Luca

ti racconto la mia storia, affinché tu possa diffonderla e sensibilizzare chi di dovere sulla questione......
Luca è nato il 10 settembre 2003 un bel bambino robusto e sano (3,800kg alla nascita e APGAR 9/10). Ma questa certezza di avere un figlio sano è crollata ben presto perché a tre mesi Luca è stato operato di cataratta congenita bilaterale totale. La diagnosi della cecità di mio figlio me la sono fatta praticamente da sola perché, né i pediatri dell’ospedale dove è nato, né il pediatra di base durante le prime due visite di controllo avevano sospettato di niente. Con quella diagnosi e con quella operazione era svanito per noi genitori il sogno di avere un figlio sano. Ma dopo lo shock iniziale cerchiamo di guardare con fiducia al futuro, sappiamo che ci aspettano molta ospedalizzazione e tanta riabilitazione visiva, oltre ad una pazienza da certosini perché mettere delle lenti a contatto ad un bimbo di pochi mesi non è una passeggiata. La situazione comincia ad essere per noi più tranquilla, certo dobbiamo portare il bambino dall’optometrista per i controlli anche due volte al giorno, ma Luca risponde molto bene con la ripresa visiva e, sebbene avrà una primissima infanzia in cui dovrà convivere con un forte stato di ipovisione, ci sono buone speranza per la ripresa della vista dopo i primi anni di vita…. La strada è lunga ma lo scoglio maggiore ci sembra superato e poi non potrò mai dimenticare la prima volta che l’ho visto guardarmi. Purtroppo ancora non sapevamo che Luca non avrebbe mai avuto mai la possibilità di arrivare a quei primi anni di vita….
I mesi passano e Luca diventa un bambino molto tranquillo, buonissimo, però certo che si muove un po’ poco rispetto al fratellino. Ma ci convinciamo che ogni bimbo ha i suoi tempi e il suo carattere e non tutti i bambini seguono le stesse tappe. Ma arriva il momento in cui bisogna iscrivere il bambino all’asilo nido e siccome Luca ha bisogno di una insegnante che si dedichi tutta a lui visto che ci vede pochissimo, andiamo al centro della Tutela della Salute Mentale e della Riabilitazione in Età Evolutiva della ASL RM/C 11 per il certificato necessario. L’incontro con la neuropsichiatra infantile che visita Luca mi apre gli occhi sul fatto che Luca ha un ritardo psicomotorio e che ha bisogno di fare della terapia riabilitativa. Così iniziamo un periodo intensivo di terapia, periodo in cui Luca fa discreti progressi, impara a rotolarsi da una parte all’altra e a stare seduto da solo. Visto il suo problema di ipovisione, e visto che maggiori sono gli stimoli visivi che gli si danno e maggiore sono le cose che Luca riesce a fare, il parere concorde della neuropsichiatra e di uno dei più stimati genetisti di Roma è che il ritardo motorio di Luca sia probabilmente associato al problema della vista e che bisogna continuarlo a seguire nel tempo pur non essendoci evidenziazione di alcun altra possibile complicazione o patologia. (tanto è vero che il genetista non rilevando nulla dalla visita obiettiva non procede neanche a eventuali screening genetici).
Luca oramai ha 11 mesi e noi ci concediamo una piccola pausa dalle preoccupazioni e partiamo per le vacanze estive. Questo è stato l’ultimo momento felice e sereno che abbiamo potuto trascorrere in famiglia io mio marito e i nostri due bambini. Al ritorno dalle vacanze inizia per noi un periodo pazzesco perché Luca nel giro di 20 giorni perde giorno dopo giorno tutte le sue capacità motorie, acquisite con tanta fatica. Così a settembre, subito dopo il compimento dell’anno ricoveriamo Luca al Bambin Gesù nel reparto di neurologia con una domanda di ricovero che rileva la mancanza dei riflessi rotuleo tendinei, una gravissima ipotonia muscolare generale e che richiede degli accertamenti per una sospetta miopatia.
Iniziano gli accertamenti, ma tutte le analisi cliniche effettuate risultano negative, compresi alcuni screening di tipo metabolico; inoltre, la neurologa del reparto continua ad osservare Luca mentre mangia e si meraviglia che un bambino con un’ipotonia così grave riesca tranquillamente a deglutire e non abbia avuto nel corso della sua vita frequenti episodi di infezioni polmonari. A vederlo, Luca è un bimbo che scoppia di salute, cicciotello e robusto, peccato che non riesca più ad avere il controllo del capo e ad alzare le braccia e a tenere degli oggetti in mano che siano più pesanti di un foglio di carta. Sembra che abbia dei muscoli di cartone. Allo stesso tempo Luca ha iniziato a dire le sue prime paroline e ha una gran capacità di comunicare con i suoi occhi. Alla dimissione non abbiamo ottenuto nulla, dobbiamo aspettare solo i risultati di test su sindromi genetiche, solo successivamente potranno decidere come procedere ad ulteriori accertamenti anche più invasivi. Così passa un altro mese e Luca continua a peggiorare e regredire, la cosa che più mi dispiace è che mi accorgo che Luca sorride sempre meno e non riesco a spiegarmelo visto che faccio i salti mortali come madre per tenerlo sempre impegnato e per trovare dei giochini leggerissimi che anche lui riesca a tenere in mano o a far funzionare. Nel frattempo chiaramente continuiamo a fare terapia ma purtroppo non ci sono risultati anzi, nonostante la terapia Luca peggiora. Veniamo ricontattati dal Bambin Gesù e, visto che anche gli ultimi esami sono risultati negativi, si procede ad una elettromiografia che per la prima volta evidenzia che nel muscolo c’è una sofferenza di tipo neurogeno. Per la prima volta sentiamo parlare di SMA, ma i medici effettuano subito il prelievo per testare il cromosoma 5 e nel giro di tre giorni sappiamo che anche quest’ultimo esame era negativo. Però ci spiegano che il cromosoma 5 è il responsabile all’incirca del 96-98% dei casi di SMA e quindi dobbiamo procedere con la biopsia muscolare perchè solo l’esame sul DNA può darci dei risultati. I medici però non nascondono la loro perplessità sul fatto che possa trattarsi di SMA perché, nonostante ci siano delle evidenze cliniche simili, ci sono molti aspetti che non quadrano in particolare la non difficile deglutizione, il fatto che la respirazione del bambino sia mista e non prevalentemente addominale e soprattutto la cataratta congenita che non è presente nei bambini affetti da SMA in nessun altro caso. I medici non vogliono spiegarci cosa è la SMA perché vogliono avere prima la certezza della diagnosi anzi ci sconsigliano di andare a “curiosare” su internet perché lì vengono di solito certificati solo i casi peggiori in quanto la maggior parte dei siti ha come scopo principale la raccolta dei fondi.
Non resistiamo, così veniamo a conoscenza di questa ATROFIA MUSCOLARE SPINALE dalla pseudo-cultura di internet dove chiaramente capiamo che si tratta di una patologia gravissima e che più precoce è l’insorgere della malattia più infausta è la prognosi. Noi ci attacchiamo con tutte le nostre forze alla speranza che anche i risultati della biopsia vengano negativi, in fin dei conti non ci ritroviamo con nessuna delle descrizioni della malattia. Studiando da autodidatti scopriamo che la SMA viene classificata in 4 tipi diversi e solo il primo tipo porta alla morte del bambino in tempi brevissimi, ma leggiamo anche che la diagnosi del tipo I viene quasi sempre effettuata nei primi sei mesi di vita. Luca nei primi sei mesi di vita, non aveva grandi problemi al di là della vista, quindi speriamo con tutti il nostro cuore che si tratti almeno del secondo tipo, in cui i bambini, seppur confinati ad una sedia a rotelle possono comunque condurre una vita dignitosa.
Il 18 dicembre 2004 ci arriva una telefonata che ci conferma che il bambino ha una malattia della famiglia della SMA ma che non è possibile classificarla fino a che la coltura sul DNA non ci dà ulteriori elementi.
Purtroppo anche se la speranza di un genitore è veramente l’ultima a morire ci sembra evidente che SMA o non SMA la situazione è gravissima perché Luca sta continuando a peggiorare e oramai non riesce più da un paio di mesi a parlare o a sorridere perché gli si sono gradualmente bloccati i muscoli mimici del visi (quelli del labbro superiore per intenderci). Non mi importa neanche più tanto dare un nome alla malattia di mio figlio, so solo che lo vedo spegnersi sotto i miei occhi e indebolirsi sempre di più. Mi sorprendo come questi bambini, che tra l’altro sviluppano un’intelligenza superiore alla media, imparino a comunicare con gli occhi e con lo sguardo e mi sorprende soprattutto che anche Luca ci sia riuscito, visto i suoi precedenti problemi di vista,eppure gli occhi così provati nella loro funzionalità diventano per lui l’unico modo per chiamarti, per sorridere, per dirti se sta scomodo nella posizione in cui l’hai messo o semplicemente se ha voglia di coccole e vuole la tua attenzione.
Ci sentiamo soli come genitori, abbandonati e lasciati soli a risolvere i grandissimi problemi di gestione che nel frattempo sono arrivati. In particolare mi sento una madre impotente che sta a disposizione di suo figlio 24 ore al giorno (perché anche la notte questi bambini vanno girati perché si stancano sempre nella stessa posizione) ma che non sa come dargli da mangiare in modo che lui non si strozzi, in modo che non insorgano le terribili crisi ab ingest di cui so, sempre da internet, che ben presto andrà incontro. E come potrò fare quando avrà la sua prima crisi respiratoria e lo vedrò soffocare davanti ai miei occhi? Perché nessuno mi dice come e quanto dargli da mangiare? In quale posizione? Perché mi lasciano sola a risolvere questi problemi? Io voglio evitare il più possibili ulteriori traumi al mio piccolo Luca così imparo piano piano con l’esperienza a porgergli il cucchiano tra un respiro e l’altro e a non insistere se non vuole mangiare. Certo anche io se dovessi scegliere tra fare un respiro o mandare giù un boccone sceglierei l’aria… ma mi preoccupo sempre di più perché passano giorni interi in cui Luca non mangia quasi nulla e se continua così temo che dovremo passare alla nutrizione via sondino. Povero Luca, la vita è stata già così ingrata con lui che io a questo punto ho solo due desideri: che non soffra e che possa vivere in maniera dignitosa quel poco che ha da vivere.
Mi decido così di scrivere ad un newsgruop su internet riservato ai genitori di bambini affetti da SMA, non ho ancora la certezza che mio figlio abbia questa patologia e soprattutto non so di quale tipo, ma spero che l’esperienza degli altri possa aiutarmi a risolvere i nostri grandi problemi quotidiani di alimentazione, di igiene quotidiana, di spostamenti, di postura. E così vengo a conoscenza dell’esistenza del SAPRE, il Centro di Assistenza Precoce e di Formazione per genitori che hanno figli con malattie fortemente invalidanti, che finalmente mi ha dato la sensazione di non essere un extraterrestre che parlava di problemi gestionali fantascientifici ma solamente una madre alle prese con le quotidiane criticità che si incontrano nella cura di bambini affetti dalla SMA. Così ho potuto conoscere telefonicamente Chiara Mastella che conosce tutte le problematiche della malattia e che è un continuo tramite tra i genitori e le strutture sanitarie. Ha avuto la pazienza e la forza per rispondere ad una quantità infinita di domande, a volte anche senza senso, che per mesi erano rimaste nella mia mente senza risposta; la sua preparazione e la sua conoscenza di questo “nostro mondo” mi ha aiutata a fare chiarezza su molti aspetti pratici che mi spaventavano e mi tormentavano. La sua obiettività e imparzialità nel presentare le possibili scelte terapeutiche che si possono intraprendere è davvero encomiabile e, sicuramente, non facile… Detto fatto finalmente pensavo di aver trovato la persona giusta e avevamo già deciso con mio marito di andare qualche giorno a Milano per farci fare la formazione che tanto avevamo sperato di trovare.
Non abbiamo fatto in tempo: Luca il 20 gennaio ha smesso di lottare e improvvisamente, senza preavviso se ne è andato per un attacco cardio respiratorio.
In noi c’è il dolore e il vuoto immenso per la perdita di un figlio di 16 mesi, ma anche il rammarico per non essere stati capaci ad assisterlo nel migliore dei modi. Il sostegno psicologico e formativo che questa signora di Milano poteva darci è arrivato troppo tardi. Anche se la diagnosi non era specifica i problemi pratici noi li avevamo comunque e ritengo che le strutture sanitarie ci avrebbero dovuto indirizzare al SAPRE (che tra l’altro è un servizio pubblico) in ogni caso. Al di là del fatto che Luca ha sviluppato in forma unica una malattia già di per sé rara, e che questo non ci ha portato ad avere una diagnosi specifica e quindi una prognosi (che noi infatti non abbiamo mai avuto), non abbiamo potuto prenderci cura del nostro piccolo nel modo migliore.
Noi ci auguriamo che Luca abbia vissuto bene quel poco che gli è stato donato e che si sia sentito un bambino speciale, molto amato dalla sua mamma e dal suo papà ma anche da tutte le persone che per qualunque motivo sono entrate in contatto con la sua immobile ma grande esistenza.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Un abbraccio sincero a questa mamma nel cui racconto mi sono rivista.E un grazie da questo splendido blog ad una persona speciale :Chiara e al suo servizio pubblico, il SAPRE che, anche se fortemente criticato da alcuni,è ancora oggi l'unico aiuto che noi genitori abbiamo.Viviana, la mamma di Gregorio

Anonimo ha detto...

condivido, Il Sapre e Chiara Mastella in particolare, ci ha reso possibile accudire il nostro piccolino nel miglire dei modi e questo ha fatto si che la nostra vita dopo di lui fosse vita, non solo sopravvivenza
Chiara

Anonimo ha detto...

Per noi Chiara è sinonimo di vita, perchè nonostante Sebastiano abbia la SMA1 ormai ha quasi 19 mesi e sappiamo come seguirlo. Un grazie a Chiara è davvero poco per esprimere cosa fa per noi e per tutti quelli che arrivano da lei..