venerdì 30 maggio 2008

Davide e la sindrome di Potter

Volevo ricordarvi che ci siamo occupati del caso di Davide e della sindrome di Potter per ora su tutti i telegiornali, giorno 18 (vedi post) su segnalazione di Fabio e Silvia.
ripubblico il link per testimoniare la propria solidarietà.....


firma la petizione : http://www.petitiononline.com/davmar/petition.html

info:

http://minimokarma.blogsome.com/2008/05/12/una-firma-per-davide/

mercoledì 28 maggio 2008

La mia lettera al SAPRE

Oggetto: Promozione precoce della Ventilazione Non Invasiva (NIV) nel bambino affetto da atrofia muscolare spinale di tipo 1 (SMA1)”

Sono Daniela, madre di Nathan nato a Palermo il 30. 10.07 e deceduto il 30.12.07 a causa dell’Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1.
Dopo la morte del mio bambino e soprattutto le torture psicologiche subite da entrambi, ho deciso di continuare ad occuparmi di Atrofia muscolare spinale perché l’ignoranza che circonda questa malattia provoca danni paragonabili alla malattia stessa.

Per questo motivo seguo con molta attenzione gli sviluppi delle iniziative per dare supporto curativo ai malati di atrofia spinale tipo 1. Quella del supporto ventilatorio non invasivo è certamente una procedura che può assicurare maggiore vivibilità a questa grave malattia.

Nel caso del mio bambino mi è totalmente mancato il supporto che una struttura come il SAPRE può offrire in casi di tale diagnosi infausta.
La sua diagnosi è arrivata con un foglietto consegnatomi dalla genetista, dopo che il bambino alle 24 ore di vita aveva manifestato un generale ipotono. Insieme alla diagnosi la prescrizione di una massiccia fisioterapia muscolare e la raccomandazione di proteggere il bambino dalle malattie respiratorie. La malattia mi è stata presentata come un problema motorio e solo 20 giorni più tardi scoprirò drammaticamente il suo risvolto respiratorio. Dopo solo due incontri di fisioterapia il bambino piange disperatamente (è l’ultima volta che Nathan piangerà..) e a causa dell’affaticamento muscolare pochi giorni dopo finirà in ospedale dove, davanti alla diagnosi di SMA, e al sopraggiungere della prima crisi respiratoria lo spediscono immediatamente in rianimazione. Da lì un crollo progressivo e totale e la malattia ha sopraffatto il suo povero corpicino.
Probabilmente con un trattamento più corretto Nathan avrebbe potuto vivere qualche mese in più, che sembra poco, ma per una mamma è tanto. Nessuno mi ha spiegato cosa fare, mi guardavano con compassione ma nessuno mi ha detto le cose fondamentali da fare, prima tra tutte di attrezzarmi immediatamente con un saturimetro (il nostro è arrivato due mesi dopo la richiesta, quando non serviva più...) e di controllare la sua respirazione. DOPO mi sono resa conto che le labbra con intorno un’aura bluastra non erano normali, DOPO mi sono resa conto che il diaframma così prominente e il torace strombato dovevano significare qualcosa….
Imparare a gestire un bambino “particolare” nelle sue esigenze quotidiane dall’allattamento al bagno. Gestire le prime crisi respiratorie, far soffrire il meno possibile il mio bambino nel suo processo degenerativo, che purtroppo in una SMA1 è inevitabile, riducendo l’ospedalizzazione e il suo distacco dal calore familiare. La chiarezza sulla malattia e su quanto ci aspettava. Questo è quanto avrei voluto e quanto ci è mancato nel breve tempo che ci è stato dato a disposizione.
Cose che ho scoperto DOPO ma che il SAPRE, mi avrebbe assicurato PRIMA.

Purtroppo ho trovato solo DOPO che cosa sarebbe stato utile al mio bambino e per questo oggi ritengo fondamentale far conoscere le modalità della malattia, l’esistenza di strutture come il SAPRE, i nomi dei medici che possono realmente aiutarli e le possibilità e gli ausili che esistono per aiutare al meglio un bambino SMA nella sua lotta quotidiana con la malattia: cose che nella mia terra purtroppo si ignorano. Per questo ritengo che incentivare la possibilità di un progetto di promozione della Ventilazione Non Invasiva (NIV), che a quanto mi è dato di conoscere dalle esperienze di mamme che hanno la possibilità di testarla, mi sembra un ausilio fondamentale per la sopravvivenza di bambini la cui compromissione respiratoria può risultare letale.
Per questi motivi e per offrire ai bambini che ci sono e in memoria di quelli che non hanno potuto neanche provare, ritengo che, anche se su questa pratica si debbono perfezionare alcuni aspetti tecnici, e soprattutto definire meglio le indicazioni e la tempistica della sua applicazione, mi sembra fondamentale preparare un protocollo di guida alle assistenze dei bambini che ricevono un tale trattamento, con il coinvolgimento del personale sanitario e dei genitori.
Mi sembra doveroso appoggiare il progetto portato avanti dalla cooperazione degli ospedali Istituto Gaslini e Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena, che si presta ad elaborare molto bene tutti questi aspetti, utilizzando la larga esperienza maturata dai due istituti che presentano il progetto e si ritiene che i risultati di tale progetto possano effettivamente costituire un contributo cruciale all'assistenza dei malati SMA1 in Italia.

Inoltre, le due istituzioni dispongono di strumenti adeguati per promuovere una genitorialità più "abile" e per affrontare in modo più efficace situazioni di particolare impegno o difficoltà, ciò che va nella direzione di una vera alleanza terapeutica e di una efficace integrazione tra le varie figure coinvolte nel mondo della cura del bambino., contrariamente a tutti gli ospedali pediatrici della mia città che trattano e guardano i bambini SMA come condannati a morte, a cui come UNICA chance di vita si può offrire la tracheotomia e lunghi periodi di ospedalizzazione.
In fede.
Chi vuole aderire può scrivere una lettera simile da inviare entro domani al SAPRE,
serve per ottenere i fondi per incentivare l'applicabilità della Ventilazione non invasiva in Italia!! l'invito è rivolto ad associazioni e malati, ma possiamo aderire anche se genitori ex SMA specificando perchè il progetto ci sembra rilevante
da inviare scritta su carta semplice al fax 02/501164 via mail: chiara.mastella@policlinico.mi.it

URGENTE!!! !Lettera di sostegno al progetto per la non invasiva

Da inviare entro domani al SAPRE,
serve per ottenere i fondi per incentivare l'applicabilità della Ventilazione non invasiva in Italia!! l'invito è rivolto ad associazioni e malati, ma possiamo aderire anche se genitori ex SMA specificando perchè il progetto ci sembra rilevante

da inviare scritta su carta semplice al fax 02/501164
via mail: chiara.mastella@policlinico.mi.it



Spettabile

Istituto Giannina Gaslini

Ospedale Pediatrico IRCSS

Largo Gerolamo Gaslini 5

16147 GENOVA

Alla cortese attenzione dr. Giancarlo Ottonello



Spettabile

SAPRE – Settore di Abilitazione Precoce

dei Genitori

Fondazione IRCSS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena

Viale Ungheria, 29

20138 – Milano

Alla cortese attenzione Chiara Mastella





Oggetto: Promozione precoce della Ventilazione Non Invasiva (NIV) nel bambino affetto da atrofia muscolare spinale di tipo 1 (SMA1)”



Il/la sottoscritto/a .............. segue con molta attenzione gli sviluppi delle iniziative per dare supporto curativo ai malati di atrofia spinale tipo 1.
PERCHE'.......................
Quella del supporto ventilatorio non invasivo è certamente una procedura che può assicurare maggiore vivibilità a questa grave malattia.



Riteniamo che su questa pratica si debbano perfezionare alcuni aspetti tecnici, ma anche e soprattutto definire meglio le indicazioni e la tempistica della sua applicazione. Accanto a questo ci sembra fondamentale preparare un protocollo di guida alle assistenze dei bambini che ricevono un tale trattamento, con il coinvolgimento del personale sanitario e dei genitori.



Il progetto in questione si presta ad elaborare molto bene tutti questi aspetti, utilizzando la larga esperienza maturata dai due istituti che presentano il progetto (Istituto Gaslini e Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena), e si ritiene che i risultati di tale progetto possano effettivamente costituire un contributo cruciale all'assistenza dei malati SMA1 in Italia. Inoltre, le due istituzioni dispongono di strumenti adeguati per promuovere una genitorialità più "abile" e per affrontare in modo più efficace situazioni di particolare impegno o difficoltà, ciò che va nella direzione di una vera alleanza terapeutica e di una efficace integrazione tra le varie figure coinvolte nel mondo della cura del bambino.



In fede.

i bambini preferiti dal cielo.....

sabato 24 maggio 2008

Il SAPRE /4 Una speranza per il futuro



I fratelli degli angeli...

In occasione delle giornate NEW LIFE organizzate tre volte l'anno al Sapre le famiglie portano i loro nuovi cuccioli....

Grazie Chiara, ne avevamo proprio bisogno!!!!

Il SAPRE. testimonianze sulla sua importanza/3. Claudia

Nella vita, ognuno di noi, si pone degli obiettivi per poter raggiungere una propria dimensione…
Ed ecco che quando nel mese d’Aprile 2002, abbiamo appreso la notizia della malattia di Claudia, nostra figlia di 4 mesi, sembrava che di obiettivi ce ne fossero pochi od addirittura nessuno…
Atrofia Muscolare Spinale è la malattia genetica che ha colpito fin dal concepimento la nostra bimba….
Chiunque mi abbia chiesto se avessi fatto l’amniocentesi, rispondevo che l’avevo fatta, ma era impossibile sapere in anticipo, dell'esistenza di questa anomalia genetica nella mia famiglia; simpaticamente mi era stato risposto che era come se io dalla luna volevo poter osservare il palazzo dove io abito sul pianeta terra…
Beh veramente impossibile per questo secolo…
L’Atrofia Muscolare Spinale è una malattia caratterizzata da degenerazione dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale con conseguenza atrofia e debolezza dei muscoli del tronco e degli arti.
E’ possibile dividere la SMA in tre tipi clinici secondo l’età d’insorgenza, il grado di compromissione della malattia, l’età del decesso.
Claudia in base al suo quadro clinico era stata colpita dalla forma più grave: la SMA 1, nota come malattia di Werdnig-Hoffmann.
La malattia in questo caso ha un decorso rapido a causa della paralisi dei muscoli respiratori, la morte di solito sopraggiunge nei primi 6 – 8 mesi di vita.
Sembra che ti crolli tutto il mondo addosso, quando apprendi determinate notizie.
Sai che tuo figlio dovrà morire!
E non solo, che il suo breve percorso di vita sarà comunque caratterizzato da una sofferenza (fatica a respirare ed impossibilità a mangiare autonomamente) ed una lenta e progressiva disabilità.
Tuo figlio non potrà camminare, correre non potrà star seduto autonomamente, forse non sarà nemmeno in grado di potersi alimentare in maniera non invasiva, e poi le normali funzioni fisiologiche (come andare di corpo), non rientreranno nella categoria di quelle così dette “normali”…
Veramente un buon cocktail!
L’Atrofia Muscolare Spinale è una brutta bestia e come tale bisogna saperla domare!!
Eccolo l’obiettivo!
Claudia non sarà mai prigioniera del suo corpo, è nata per noi è ed è stata una principessa fino alla fine dei suoi giorni.
La sua disabilità era la nostra “ Normalità” lei era così ma era meravigliosa com’era, lei era Claudia, nostra figlia…
Dovevamo gestire le competenze mediche con quelle psicologiche… già proprio così!!!
Claudia doveva essere una “figlia – figlia” aveva un percorso così breve che non era giusto per la nostra morale che passasse tanto tempo in ospedale.
Potevamo noi imparare a gestire le crisi respiratorie, a capire quando avrebbe avuto delle difficoltà nell’alimentazione (ovvero nella deglutizione)?
Si poteva aiutare nostra figlia a vivere sempre meglio nei limiti della malattia e serenamente?
Noi volevamo imparare a poter gestire la situazione in modo da dare il mille per mille di noi.
Ecco che abbiamo trovato, girando su internet, il sito di Chiara Mastella che parlava di “Attenzione ed Abilitazione Precoce dei Genitori con bambino portatore di patologia neuromotoria malformità, genetica a prognosi invalidante o infausta”.
Era proprio quello che cercavamo!!!
Era come se avessimo trovato il traduttore simultaneo di ciò che noi abbiamo sempre cercato di comunicare ai dottori.
Ma ci accorgevamo che non eravamo compresi.
E' bastata una telefonata, per poter comprendere quante cose noi genitori, potevamo ancora fare, per “guadagnare la qualità” della vita di Claudia, e quindi della nostra famiglia.

Noi dovevamo andare a Milano per conoscere questo servizio di “Abilitazione precoce dei genitori….” Per poter capire ed saper fare. Senza paura.
Il tempo di organizzare le valigie e gli impegni lavorativi. E siamo partiti, destinazione Milano – Ospedale Mangiagalli.
Chiara Mastella di formazione “Terapista della riabilitazione e Habilitation Counselor” ci offriva un servizio pubblico nato dalla sua esperienza e dalla volontà di altri genitori che prima di noi erano passati dalla nostra stessa esperienza.
Questi genitori hanno voluto dar vita, oltre che al servizio Abilitazione Precoce Genitori (SAPRE), anche al “Progetto Abilità”.
In due giorni Chiara attraverso l'ascolto della nostra esperienza di vita quotidiana con Claudia fino ad allora (i balletti con la pappa), i filmati, le fotografie, l'osservazione dei segnali patologici sulla nostra bambina, i “salami di Lenticchie”, è riuscita a trasferire le sue competenze generiche sulla SMA, a noi genitori di Claudia, affetta dalla sua SMA.
Nostra figlia da quel momento, aveva l’opportunità di vivere la sua disabilità con dei genitori che avevano scoperto un futuro progettabile nonostante la sua paralisi.
Ci era stata offerta l’opportunità di poter gestire la prassi ordinaria e straordinaria, comprendendo a pieno il valore di ogni nostra azione.
E soprattutto ci ha permesso di imparare a gestire la nostra motivazione in una situazione impossibile, tale da permettere a Claudia di vivere bene, il suo stato di poca salute e molta malattia e noi con lei.
L’obiettivo era stato nuovamente raggiunto!!
Eravamo riusciti a contattare anche varie famiglie con la nostra stessa problematica.
La nostra Claudia è nata il 24 ottobre 2002, il 18 aprile 2002, abbiamo avuto conferma della sua malattia ed il 3 ottobre 2002 ci ha lasciato.
Dal momento in cui abbiamo saputo con quale malattia dovevamo convivere e combattere ed essere comunque sconfitti, perché si sa a priori che la SMA di tipo 1 vince, perché ti fa perdere ciò di cui hai più caro al mondo, non sono trascorsi solamente cinque mesi e mezzo , ma dieci lunghi anni.
… sembra assurdo ma è così, ti senti bruciato, paralizzato sai che comunque stai leggendo il meraviglioso libro della vita di tuo figlio, ma sai anche che quando arrivi all’ultimo capitolo, poche sono le pagine che ti mancano per raggiungere la parola fine. No, non sapevamo che la parola fine sarebbe stata raggiunta il 3 ottobre 2002, mai avevamo capito quanto eravamo arrivati all’ultimo capitolo.
Claudia è stata una “gran donna”, in undici mesi ha fatto più di quello che noi abbiamo potuto fare in trentasette anni della nostra vita.
Lei ha dato dei nuovi obiettivi alla nostra famiglia.

Noi adesso vogliamo poter aiutare altre famiglie a capire che, nonostante la diagnosi di patologia incurabile non cambi, è possibile cambiare la modalità della gestione della prognosi.
La gestione della prognosi della malattia è di solito affidata ai medici. E noi avremmo potuto solo affidarci alla ricerca. Ma non avevamo tempo. Nostra figlia aveva bisogno da subito di essere gestita in modo diverso da un bambino sano. La ricerca era troppo lontana per i bisogni che Claudia aveva ogni giorno. Noi sosteniamo la ricerca, ma purtroppo abbiamo preso consapevolezza immediatamente che non sarebbe servita alla nostra bimba e comunque Claudia non era tutta malattia. Lei era la nostra bambina che doveva comunque vivere, fino alla sua morte.


Noi chiedevamo che i medici ci affidassero nel nostro ruolo di genitori, quella parte di gestione della patologia che, visto che claudia viveva con noi, avremmo comunque affrontato. Così da poter vivere con lei, tutto ciò che la riguardava. La differenza era nostra l'ignoranza o la preparazione.

Perché non formarci, affinché non ci ritrovassimo soli nell'affrontare la difficoltà di cambiare orizzonte rispetto alla vita attesa per quella figlia malata disabile?
Così la disabilità di nostra figlia è diventata, in questo caso, la nostra opportunità di genitori, imposta dal destino, di acquisire quelle competenze necessarie a saper gestire le normali attività quotidiane (mangiare, cambiare, giocare, uscire…), in modo diverso, ma sapendo che cosa stava succedendo in ogni momento.
E soprattutto sapendo che cosa fare.
Le tante cose che si possono fare, sono le piccole cose della vita quotidiana, imparando da subito, a riconoscere tutti quei segnali che siamo in grado di osservare perchè noi genitori siamo comunque sempre presenti nelle 24 ore, al momento in cui succedono.
L'importante è che sappiamo che cosa succede e perché succede ed abbiamo la capacità di tradurle, di comprenderle e trovare le soluzioni per risolverle.
E non c'è nessuno che abbia tanta motivazione come noi genitori.
L'importante è sostenerla, non schiacciarla o illuderla.

Il “Progetto Abilità” è un grande progetto di qualità, di cui noi ne siamo stati beneficiati.
Purtroppo per caso. Così altri genitori come noi, arrivano ad un servizio quale Il Servizio Abilitazione Precoce dei Genitori degli ICP di Milano, purtroppo per caso e molte volte troppo tardi, rispetto alla necessità della situazione critica.
Il Progetto Abilità ha l'obiettivo di raggiungere tutti gli operatori che lavorano nel Comune di Milano (pediatri di base, 9 ospedale Cittadini, ASL, servizi specialistici), che siano a diretto contatto con i genitori a cui nasce o viene diagnosticata improvvisamente una patologia al proprio figlio con prognosi invalidante o infausta.
E soprattutto a ridurre il caso (come il nostro e come quello di tanti altri), di accesso ritardato, a servizi che gestiscono la formazione la motivazione dei genitori nel tempo, pena la salvaguardia della loro salute mentale e dello stato di salute dell'intero nucleo famigliare..
Saranno gli stessi genitori che, una volta compresa l'offerta del Sapre, decideranno se questa proposta, rispecchia, anche se in parte le necessità che ogni genitore ha, davanti alla quotidianità che diagnosi senza guarigione, impongono...
Noi siamo sicuri che una buona qualità della vita debba essere sempre l’obiettivo di tutti.
Per questo come famiglia speriamo di poter migliorare con questo messaggio, la qualità di tanti…
Il “Progetto Abilità” deve poter essere esteso ad altre realtà regionali, affinché la famiglia di un bimbo malato, non abile, possa avere l’opportunità di crescere in una famiglia con genitori preparati.

Possiamo concludere che la nostra serenità nella disabilità di Claudia è stata la continua conferma che ogni suo sorriso, non era nato per caso…

Il SAPRE. testimonianze sulla sua importanza/2. Martina

Come spiegare ad altri che cosa abbia significato per noi Martina?
Al suo arrivo eravamo pieni di gioia e di felicità perchè ad 8 anni di distanza dalla nascita di Valeria ci ritrovavamo fra le mani un nuovo piccolo essere da allevare, crescere ed aiutare a diventare grande.
Ben presto però ci siamo dovuti rendere conto che il futuro di Martina non era quello che noi avevamo più volte immaginato.
La diagnosi "SMA di I° Tipo" comunicataci dopo trafile di esami, tanto inutili quanto emotivamente faticosi, e la conoscenza delle complicazioni di questa malattia, comprese appieno solo dopo le nostre insistenti domande, ci hanno costretti non solo a rivedere le nostre aspettative per Martina ma anche ad interrogarci su quale fosse per noi il vero significato di "vivere" e di "amare".
Decidere cosa sia giusto fare in un momento tragico come quello che stavamo per affrontare, crediamo spetti solamente ai genitori: a chi cioè deve poi vivere, giorno per giorno, le conseguenze della propria scelta, confrontandosi con la propria coscienza.
Non è stata una decisione facile, ma scavando dentro di noi abbiamo scoperto la consapevolezza che crescere un figlio significhi fornirgli tutti gli strumenti per prepararlo ad affrontare quella che sarà la sua strada e questa consapevolezza ci ha aiutati ad accettare quello che era il doloroso percorso di Martina.
Non è facile rinunciare al bisogno fisico di avere il proprio figlio vicino, ma ci siamo resi conto che volere bene a Martina significava volere il suo bene, al di là dei nostri desideri e delle nostre speranze; non era liberarsi a cuor leggero di un peso bensì dolorosamente permettere a Martina di affrontare una nuova vita lontana da noi, ma sicuramente migliore di quella che noi potevamo offrirle.
A questo punto fatta faticosamente la nostra scelta, che non significava per noi abbandonare Martina al suo destino ma accompagnarla, esserle affianco, amarla e sostenerla nelle sue tante difficoltà quotidiane, per offrirle una vita per quanto breve ma la migliore possibile, ci siamo ritrovati soli.
I medici che prima volevano "farsi carico" della nostra situazione ora non erano in grado di accettare che noi avessimo deciso di "caricarci" di una scelta così difficile e lacerante.
Per nostra fortuna abbiamo incontrato il Servizio Abilitazione Precoce Genitori, un Servizio Pubblico offerto dal Servizio Sanitario nazionale presso gli istituti Clinici di Perfezionamento di Milano.

Lì uno dei suoi promotori, Chiara Mastella, ha assunto quello che è il giusto ruolo che compete ad un operatore sanitario: offrire al malato ed alla sua famiglia tutte le conoscenze e gli strumenti che la sua professionalità gli offre, affiancarli e sostenerli nelle loro scelte senza sostituirsi ad essi.
Chiara ci ha fornito il primo aspiratore quando ancora nessuno ci aveva detto che ne avremmo avuto bisogno; ci ha fatto vedere qual'era la posizione migliore per Martina durante il suo difficoltoso sonno; al nostro primo incontro, ci ha fatto il calco per la postura di Martina, risultata poi indispensabile durante la sua vita quotidiana; ci ha insegnato come aiutare Martina a bere; ci ha spiegato come evitare il soffocamento "ab ingestis", pur continuando ad alimentare Martina in modo normale con le pappe che tanto le piacevano; ci ha mostrato come mobilizzare il capo di Martina, tanto da arrivare a permetterle di "ballare" quando sentiva una musica che le piaceva; ci ha fatto vedere come fare il bagnetto ad una bambina priva di tonicità muscolare, e tanto altro ancora.
Chiara insomma ci ha aiutato a "vivere" Martina, con la sua malattia e con i limiti che questa le poneva, e ad offrirle una vita il più possibile ricca di piccole emozioni e grandi normalità, con una famiglia attorno che la riempiva d'amore.
E cosa ancora più importante, Chiara che ad ogni crisi respiratoria di Martina ci metteva di fronte alla possibilità di recarci in Ospedale, ci ha permesso di maturare profondamente la nostra scelta fino ad arrivare al difficile momento del distacco senza ombre e ripensamenti.
Ora Martina ci manca quotidianamente come ad un amputato manca l'arto mancante, ma come lui continua a "sentire" il suo arto, noi continuamo nel nostro cuore a sentire che Martina è sempre con noi e che è lei ora che ci sostiene e ci conforta nell'andare avanti.
Non esiste la scelta giusta in assoluto. Questa era la scelta giusta per noi così come altre scelte lo saranno per altri.
Solo Martina, quando ci sarà data la possibilità di riabbracciarla, ci potrà giudicare, lei sola e nessun'altro: nè i medici, nè la società, nè le associazioni di genitori di bambini SMA.

Il SAPRE. testimonianze sulla sua importanza/1. Matteo

Oggi è una data speciale una certa mamma sa perchè, è proprio per questo, in onore del mio tigrotto preferito che proprio oggi voglio che leggiate alcune testimonianze che mi sono state trasmesse direttamente da Chiara Mastella del SAPRE, un punto di partenza fondamentale per tutte le famiglie che si trovano ad affrontare la quotidianità con un bambino SMA.....
Grazie Chiara, anche se Nathan non ha fatto in tempo a venire da te, lui e il SAPRE sono entrati lo stesso in contatto.....
Roma – Giugno 2003.

Matteo, oggi bambino di quattro mesi, ha una grave ipotonia generalizzata.
Al ventesimo giorno di vita gli viene diagnosticata una Atrofia Muscolare Spinale di primo tipo (SMA1) o sindrome di Werdnig-Hoffmann, una rara malattia degenerativa del midollo spinale, che porta a morte entro il primo anno di vita per insufficienza respiratoria o infezioni polmonari. La diagnosi è altamente infausta, il nostro bambino non ha speranze.
Precipitiamo nello sconforto.

La struttura ospedaliera ci prospetta da subito un intervento di gastrostomia e, prima di dimettere Matteo, cerca di rassicurarci offrendoci la massima disponibilità ed assistenza.
Il risultato assistenziale della stessa struttura si “riduce” ad un day hospital, durante il quale entriamo in contatto con diverse figure, una neuro-psichiatra, una fisioterapista, una infermiera ed una psicologa. Encomiabile l’impegno profuso dallo staff ma, con grande rammarico, ci rendiamo conto che l’improvvisazione del personale, palesemente privo di nozioni e di esperienza nei casi di SMA1, non ci rassicurerà e non ci fornirà le istruzioni e le informazioni di cui necessitiamo.

L’aiuto che cerchiamo riguarda la vita di tutti i giorni e ci riferiamo al saper soddisfare tutte le esigenze proprie di un bambino, in particolare di un bambino non sano dal punto di vista fisico, ovvero:
· come prenderlo in braccio;
· come fargli il bagnetto;
· come vestirlo;
· come nutrirlo;
· come spostarlo da una posizione all’altra;
· quale postura fargli assumere nelle varie ore del giorno e durante il sonno;
· come aiutarlo a non sentirsi un bambino diverso;
· ecc…

Il bambino è in primo luogo un individuo, con i suoi umori, i suoi ritmi e le sue esigenze.
Non esiste un protocollo, legato alla vita di tutti i giorni, comune ad ogni bambino affetto da SMA.

Attraverso internet siamo venuti a conoscenza di gran parte degli aspetti scientifici di questa patologia nonché delle terapie oggi disponibili, Matteo potrà essere assistito con metodiche respiratorie, invasive o non, che evidentemente aumenteranno le sue prospettive di vita…

…ma consigli utili per affrontare la vita di tutti i giorni neanche a parlarne.

Il primo grande ostacolo da superare è la mancanza di persone cui esporre le nostre perplessità sennonché, grazie alla struttura ospedaliera e alla associazione Famiglie SMA, abbiamo il piacere di incontrare una splendida famiglia “reduce” da un’esperienza simile alla nostra. Uno dei primi suggerimenti che riceviamo è quello di conoscere il “SAPRE”, il cosiddetto progetto abilità.
Quest’ultimo è svolto presso un ospedale di Milano, ci precipitiamo là e finalmente cominciamo a riemergere dallo stato di angoscia nel quale eravamo sprofondati.

Oggi, malgrado il grande dolore, riusciamo ad affrontare attivamente quella che ci si prospettava come un’ingestibile quotidianità.

Ci auguriamo che su tutto il territorio nazionale un progetto così importante trovi terreno fertile per essere coltivato, affinché sempre più famiglie con figli disabili possano vivere meglio.

giovedì 22 maggio 2008

.....perchè la SMA non resti un bisbiglio....giornate informative

Dal mese di febbraio tento di organizzare nella mia frenetica e allo stesso tempo indolente città delle giornate informative sulla SMA coinvolgendo scuole, consultori, ginecologi e pediatri, grazie alla disponibilità di alcune docenti colpite dalla storia di Nathan.
le giornate dovevano essere supportate da un'associazione per raccogliere fondi, che doveva portare un terapista e un medico...da febbraio siamo passati a marzo, poi ad aprile e quindi a maggio, subito dopo i ponti di primavera....delle scuole interessate frattanto mi è rimasto solo un liceo con indirizzo scientifico-medico-terapeutico.
l'ultimo contatto con l'associazione mi rinvia di nuovo l'incontro. a quel punto la richiesta: Vieni tu? IO!!! ma sono solo una mamma! non sono medico né tantomeno terapista! poi... mi faccio coraggio e forte di anni di insegnamento mi dico che non sarà tanto dissimile da una normale lezione e forse (consentitemelo) ne so di più io di tanti medici (anche se attendevo il grande DOC, al quale non posso che fare tanto di cappello)! Ebbene oggi è stato il grande giorno.
Oggi per ben 50 minuti sono riuscita a far stare ipnotizzati, in silenzio ma consapevoli, circa 60 ragazzi che hanno sentito per la prima volta la parola SMA, la sua trasmissione, la sua diagnosi, le possibilità che si possono dare ai bambini, gli ausili, le posture.... Termini tecnici ed esperienza di vita. Esoni deletati, sondini, aspiratori ma sopratutto UMANITA', che è quella che mi è mancata nel mio incontro-scontro con la malattia. lo rifarò 1, 100, 1000 volte, tutte le volte che servirà...
sono riuscita a portare la mia testimonianza alla CONOSCENZA del problema, della malattia, delle possibili soluzioni. spero sia servito ad innescare almeno in uno di quei ragazzi il desiderio di occuparsi di questa malattia e quantomeno a sapere che, se studieranno medicina all'Università, dietro quelle poche righe che i testi medici dedicano all'atrofia muscolare spinale, ci sono persone, tante, troppe.
quando la preside mi ha presentato ha fatto fatica a pronunciare il nome della malattia, come me che ho impiegato mesi prima di farmelo entrare in testa perchè i miei neuroni si rifiutavano....
Ho voluto raccontarvi questa mia esperienza perchè le persone, le mamme e i papà sappiano che qualcosa si può fare se gli altri ci ascoltano e quindi vi ripeto l'invito: VI ASPETTO.
mamma e papà di Sara, di Sofia, di Tummy, dei gemelli, .....gente della mia terra e non, lo so che ci siete, lo so che spesso siete dietro il monitor, come so che non avete il tempo di grattarvi la testa....ma solo se alziamo la mano tutti insieme per dire PRESENTE, la smetteranno di considerarci RARI.
Con affetto.
P.S. i volantini dell'associazione li ho distribuiti lo stesso!!
La mamma di Nathan

una nuova amica...e la sua battaglia con l'epilessia

Ciao...è da tanto che leggo il tuo blog...ci sono arrivata tramite la mamma di sasi!
Io sono Palermitana, vivo a Torino da 4 anni e ogni volta che leggo il blog di Nathan, piango perchè rivedo un pò la mia storia....
in sicilia, piove e piove tanto, pioveva quando mi sono sposata, pioveva quando ho detto a mia mamma che ero incinta e pioveva pure il 3 agosto 2006 quando è nato il mio piccolo da una gravidanza splendida ma con un cesreo d'urgenza per perdita del battito cardiaco fetale! Da lì l'inizio di un incubo, rianimazione, centro neonati a rischio e poi dopo un mese dimissioni con queste parole "le diamo in mano un miracolo, suo figlio non dovrebbe neanche esserci, tutto quello che riuscirà a fare sarà un regalo", dopo 15 gg eravamo di nuovo lì, crisi di sonno profondo e iniziano gli accertamenti, diagnosi: epilessia secondaria a neurosoffernza perinatale!
Iniziano le ricerche in internet, e non riusciamo atrovare nulla! A 4 mesi convulsioni febbrili, di nuovo ricoveri e tra vai e vieni in 21 mesi ci siamo fatti 8 mesi di ricoveri in vari reparti....
come sta ora? Ha iniziato a camminare da 1 settimana e chiacchera abbastanza, nessuno sa dirci a cosa porta la sua malattia, l'epilessia è ancora tanto sconosciuta a molti, compresi i dottori, tamponano, curano con i farmaci ma ci hanno già detto che nessuno sa dove può portare...potrebbe anche scomparire da un giorno all'altro senza un perchè....perchè dagli esami eeg e rm non risulta nulla....! A volte mi chiedo perchè a me, a noi, a loro...ma ho smesso di chiedermelo perchè non credo più a nulla, non credevo si potesse resistere a tanto dolore...non credevo che i bimbi potessero stare tanto male...non credevo tante cose e ora non credo davvero più a nulla!
Cucila77

mercoledì 21 maggio 2008

La corsa verso la ricerca: SMArathon a Zurigo...


da Il giornale del 20.5.08


Zurigo sono arrivati con tre squadre, 54 atleti da 11 Paesi diversi. Tutti con la stessa idea in testa: correre per aiutare Rebecca e la ricerca perché trovi il modo per curare la Sma, l’atrofia muscolare spinale che impedisce ai suoi muscoli di crescere e quindi di fare la maggior parte delle cose che fanno i bimbi di due anni. Una vera e propria spedizione partita anche da Milano che si è ritrovata sulle colline che circondano il lago a correre una staffetta di 114 chilometri. La sfida è una «classica» nata 38 anni fa dalla scommessa tra le due università della città e che ora vede al via più di 800 «team»e 11mila atleti. Così per un week end Zurigo ha parlato anche un po’ milanese con tre squadre di staffettisti di rosso vestiti capitanati da Marco, un giovane di Cusano Milanino che da 8 anni vive a Zurigo e che 8 anni fa per una malattia simile ha perso il padre. Il gruppo ha provato a tenere alto il nome di «Smarathon» e a raccogliere fondi da destinare all’Istituto Besta che sulla Sma con il professor Giorgio Battaglia è all’avanguardia in questo tipo di ricerca. Non solo. Grazie a questa «spedizione» zurighese Smarathon ha raccolto quanto mancava per acquistare una carrozzina che permetterà ad un bimbo egiziano affetto da Sma che vive alla Barona di muoversi con un po’ più di autonomia. «Da quando abbiamo avuto notizia della malattia di nostra figlia - ricorda Luca, il papà di Rebecca - io e mia moglie Elena abbiamo pensato che non potevamo restare fermi ad attendere che succedesse qualcosa. Così con un gruppo di amici appassionati di maratone abbiamo deciso di correre per spiegare a chi non la conosce cos’è la Sma, chi colpisce e cosa provoca. Sono nati una associazione, un sito, un logo e delle magliette rosse con la scritta Smarathon. Poi ci siamo rimessi al buon cuore di chi entra in contatto con noi...». In poco più di un anno sono stati raccolti 27mila euro tutti devoluti all’équipe del Besta che è pronta a testare sulle cavie una terapia genica che potrebbe segnare una svolta per la cura di questa malattia. Luca ed Elena sono il vero «motore» di questa associazione sostenuta perlopiù da gente comune. Ma dove c’è una maratona, un evento, un campione dello sport da coinvolgere ci sono anche il papà e la mamma di Rebecca. E così capita che finiscano all’asta le magliette autografate di Adriano o di Del Piero, che Pistorius decida di fare uno «scatto» per aiutare Rebecca o che il campione di rally Alex Proh metta sulla fiancata della sua Mitsubishi il logo di Smarathon. Ma capita anche che chi non ha mai corso decida di mettersi a correre. Proprio come è successo a Zurigo.


acqua terapia

martedì 20 maggio 2008

April e Simone, il fiore di maggio


April è una delle prime mamme degli angeli che ho incontrato, leggere la sua storia tempo fa mi ha aiutato a scrivere la mia...

E' ammalata di Distrofia Miotonica di Steinert che ha trasmesso al suo primo bimbo, Simone...

Avevo solo 17 anni, quando mi fecero la diagnosi di distrofia miotonica di Steinert...una parola che non avevo mai sentito, che non significava niente....non avevo capito che era la mia condanna.
Condanna a vivere una vita di fermate che non avrei voluto, di delusioni e sconfitte, di lotte che perdevo (e perdo) sempre. Non immaginavo che avrei perso tutto, a causa di questa malattia, che non da pietà. Non credevo esistessero malattie così...e io, che sono sempre stata forte e testarda, mi trovo continuamente battuta. Poi, un giorno leggo sulla mia cartella clinica tre parole, dure, sconvolgenti, cattive."Breve prospettiva di vita",,,queste parole hanno cambiato la mia lotta, una lotta per la vita...a volte so e sento che sarò sconfitta, altre volte mi dico "te la faccio vedere io la breve prospettiva", ma in fondo so che è vero...vincerà la distrofia e io perderò tutto il poco che ero riuscita a guadagnare...anche la vita.
Anche io ho provato cosa vuol dire veder morire il proprio figlio.
Simone è nato il due maggio del 1994 e da subito ha presentato gravissimi problemi respiratori e motori...forse, anche perchè era tanto piccino e così debole che il rapporto tra me e lui, è sempre stato simbiotico, empatico a volte telepatico.
Una mamma è sempre empatica col proprio figlio, specie se neonato, ma io sentivo Simone, come se fosse stato ancora dentro di me...e come avrei voluto fosse così, come avrei voluto poter tardare la sua nascita per respirare io per lui, perchè potesse avere ancora momenti tranquilli...
Non potevo prendere quasi mai in braccio mio figlio, ma restavo con lui tutto il giorno, spesso non andavo nemmeno a mangiare un panino, ma restavo con lui...gli tenevo la manina, lo accarezzavo, gli parlavo, gli cantavo canzoncine...gli raccontavo un mondo che lui, non avrebbe mai visto.
Ricordo quando apriva gli occhi e mi fissava, aveva gli occhi scuri, profondi...io cascavo in quello sguardo e mi perdevo...avrei voluto non tornare più.
Dopo solo due mesi e venti giorni, il 22 luglio 1994 è arrivata la telefonata che temevo...andare subito all'ospedale.
Ho corso, ed è forse stata l'ultima volta che l'ho fatto, senza curarmi delle gambe che mi cedevano, del fiatone che mi squassava i polmoni, del cuore che pulsava e perdeva i battiti...ma sono arrivata e l'ho preso in braccio...erano le 09,30...alle 11,57, ho guardato e abbracciato mio figlio per l'ultimo suo istante di vita.
In quel momento, con lui, è morto il mio cuore, è morta la parte più bella di me...sono morta anche io.


Poi, si riprende a vivere, una vita apparente..ma dentro di te, resta un vuoto, un dolore...resta sempre e ogni giorno, piangi quel bambino che poteva essere e non è stato.
E non è vero che passa con il tempo...col tempo ti abitui al fatto che lui non ci sia, ma aspetti sempre come se dovesse tornare, e ti chiedi sempre come sarebbe stato.."gli sarebbe piaciuta la scuola?" "chissà come si sarebbe divertito a Gardaland?"
Non passa mai.
E anche se io ho un altro figlio, meraviglioso, che adoro...
Simone è il figlio del mio cuore, il bambino che non cresce mai...che resta con me quando sono sola...come allora, dentro di me, come sempre nel mio cuore.

Devin e la battaglia contro la Sma


lunedì 19 maggio 2008

Jake

la visione distorta della diagnosi preimpianto....

come controaltare al racconto di Chiara mamma di Paolo, pubblicato oggi in
e che fa capire l'importanza di avere la possibilità di SCEGLIERE e di accedere alla diagnosi preimpianto, quando si è portatori di gravi malattie genetiche, pubblico un lungo intevento fatto all'Accademia della vita..

C. BELLIENI

XII ASSEMBLEA GENERALE
CONGRESSO INTERNAZIONALE
"L'EMBRIONE UMANO NELLA FASE DEL PREIMPIANTO"
DIAGNOSI PREIMPIANTO, DIAGNOSI PRENATALE.


Questa relazione vuole dare brevi nozioni sugli ultimi progressi in campo di diagnosi prenatale e diagnosi preimpianto, per poi portare alcune valutazioni che sorgono dalla pratica clinica e dalla letteratura scientifica specializzata.
Diagnosi Preimpianto
La diagnosi genetica preimpianto (PGD) è costituita dall'analisi di singole cellule (blastomeri) biopsiate da embrioni 3 giorni dopo la fecondazione o da corpi polari presi dagli oociti durante la meiosi. Lo scopo di questi test è di determinare quale embrione sia esente da una malattia dovuta ad alterazione di un singolo gene (SGD)o da anomalie cromosomiche. Gli embrioni che vengono determinati normali geneticamente per quanto riguarda il gene/cromosoma interessato, sono poi trasferiti nella madre preferendoli a quelli anomali.
Malattie da singolo gene (SGD)
I primi casi di PGD utilizzarono la polimerase chain reaction (PCR) per determinare il sesso dell'embrione, permettendo così il trasferimento elettivo di femmine non affette in famiglie portatrici di malattie x-legate.
Questi primi successi furono presto seguiti da test basati sulla PCR per SGD come il deficit di alfa-1-antitripsina e fibrosi cistica, in cui un frammento di DNA contenente la mutazione colpevole della malattia veniva amplificato e analizzato. Ora è possibile analizzare più di 40 malattie ereditarie allo stato di preimpianto.
Per evitare gli errori dovuti a insuccesso dell'amplificazione, molti test di PGD ora usano la multiplex-PCR. Questa tecnica è costituita dalla simultanea amplificazione di vari frammenti di DNA in una singola reazione. La multiplex-PCR ha anche aiutato a evitare un altro grave problema della PCR single- cell, cioè la contaminazione della reazione con DNA estraneo.
Analisi cromosomica
L'analisi cromosomica degli embrioni umani preimpianto fu all'inizio introdotta per identificare cromosomi X e Y allo scopo di determinare il sesso dell'embrione ed evitare malattie X-legate. Le tecniche PCR inizialmente usate per questo scopo furono rapidamente soppiantate da metodi più validi basati sull'ibridazione per fluorescenza in situ (FISH).6 Da allora le indicazioni per il test cromosomico sono aumentate e il numero di cromosomi vagliati in ciascuna cellula è aumentato significativamente. Lo screening cromosomico oggi è offerto a vari gruppi di pazienti che si suppone essere a rischio di produrre gameti aneuploidi. Tra questi sono compresi i portatori di riarrangiamenti cromosomici come le traslocazioni 7 aborti spontanei pregressi, fallimenti di IVF, donne in età avanzata. L'identificazione e il trasferimento elettivo di embrioni cromosomicamente normali riduce l'incidenza di nascita di bambini con trisomia. Inoltre, questo screening può migliorare il successo di IVF per certi pazienti. Questo avviene perché molti degli squilibri cromosomici ravvisati nella fase di preimpianto sono letali. Gli embrioni che portano queste anomalie sono spesso morfologicamente normali allo stadio di preimpianto e di conseguenza sono trasferiti alla madre. L'investigazione citogenetica del materiale di aborti spontanei e cellule prese da embrioni nella fase preimpianto indicano che l'aneuploidia può spiegare molte dei casi in cui non si arriva ad una gravidanza evoluta.
Per lo screening del corpo polare, la maggiore limitazione è che esso può solo essere usato per scoprire errori che insorgono dalla meiosi femminile, e non tutti gli errori meiotici hanno origine materna.
Diagnosi Prenatale non Invasiva: Evoluzioni Recenti
Esistono tecniche di diagnosi prenatale non invasiva basate sull'analisi nel sangue materno di una serie di markers. Recentemente è stato messo a punto un sistema per la determinazione del sesso del nascituro tramite l'analisi del sangue materno a 6 settimane di gravidanza. Le attuali raccomandazioni del National Institute of Clinical Excellence (NICE) sono che a tutte le donne incinte venga offerto un test che dia un tasso di accuratezza del 60% minimo e un tasso di falsi positivi del 5% massimo. Per il 2007 questo dovrà passare rispettivamente a 75% e 3%.
La ricerca nel sangue materno di globuli rossi fetali, cellule staminali mesenchimali, e trofoblasti è stata utilizzata per vari test prenatali diagnostici. Il principale fattore limitante sembra essere la rarità di queste cellule nel circolo materno (occorrono tecniche di arricchimento per aumentare la produzione).
A questo quadro si può poi aggiungere le possibilità diagnostiche offerte dai recenti progressi dell'ecografia fetale.

Diagnosi Prenatale Invasiva
Sia l'amniocentesi del secondo trimestre che il prelievo di villi corionici (CVS) sono tecniche ben assodate per ottenere un'informazione genetica sul feto. Esistono comunque altre tecniche meno comuni come la cordocentesi, eseguita di solito dopo le 18 settimane di gestazione e la amniocentesi precoce, eseguibile tra la 11a e la 14a settimana di gestazione.
L'amniocentesi è considerata il gold standard della diagnosi prenatale invasiva; fu introdotta nel 1952 per identificare malattie emolitiche in età prenatale ed è stata usata per individuare malattie genetiche dalla metà degli anni '70. Usata inizialmente per ottenere cellule fetali per il cariotipo, l'amniocentesi del secondo trimestre è ora usata per la diagnosi molecolare e biochimica di quei disordini fetali in cui l'analisi degli amniociti o del liquido amniotico è informativa, così come fornisce informazioni molto attendibili per i difetti del tubo neurale. Il tempo necessario per ottenere un cariotipo è di 10-14 giorni.
Lo svantaggio maggiore dell'amniocentesi del secondo trimestre è che il risultato è di solito disponibile solo dopo la 18a settimana di gestazione. Il CVS e l'amniocentesi precoce possono essere fatti tra la 10a e la 14a settimana e offrono un'alternativa più precoce, ma soprattutto l'amniocentesi precoce, sono scarsamente utilizzate per i rischi prodotti.
Sebbene sia il CVS che l'amniocentesi siano molto attendibili, il maggior tasso di mosaicismo visto con il CVS può risultare in differenze per quello che concerne il valore predittivo positivo (cioè la concordanza di anomalia fetale con un risultato anormale del test). Uno studio collaborativo canadese ha determinato che il valore predittivo positivo dell'amniocentesi è di 0,909, mentre quello del CVS è solo 0,525.
Come tutte le procedure invasive prenatali, sia l'amniocentesi che il CVS talora portano a perdita della gravidanza.
Per l'amniocentesi del secondo trimestre, la perdita fetale è stimata essere 0,5-1% al di sopra di quella del tasso di abortività naturale.
La Cochraine library 16 ha analizzato, nel 2003, 14 studi randomizzati per valutare i rischi delle varie tecniche rispetto a morte fetale e deformazione degli arti. Vari autori sostengono che la visualizzazione diretta dell'ago migliori la sicurezza.
Un recente studio randomizzato del 2004 ha fatto notare che l'amniocentesi precoce provoca un tasso di abortività e piede equino-varo maggiore del CVS. Altri lavori confermano il rischio per il feto della diagnostica prenatale invasiva.

Rischi e Preoccupazioni sulla Diagnosi Prenatale Invasiva
Nei 35 anni da quando Jacobson e Barten riportarono i primi 56 casi di amniocentesi, il numero di amniocentesi è aumentato progressivamente: l'International Genetic Laboratory Directory ha indicato che vengono effettuate 190.000 amniocentesi l'anno in USA.
Recentemente si sta cercando di superare la necessità degli esami invasivi in gravidanza, per il rischio di abortività che comportano. Se si considera che nel 2003 in Italia sono state eseguite circa 100.000 amniocentesi, ne consegue che circa 500-1000 gravidanze normali e volute sono esitate in aborto a causa di questa tecnica, con conseguente trauma per la donna. Non è un dato trascurabile. Sappiamo che questo esame viene affrontato talvolta sottovalutandone i rischi. Scrive Stranc sul Lancet (40): “Quando il CVS o l'amniocentesi del 2o trimestre sono ugualmente indicati, la preferenza della donna, o la procedura che le dà il maggior grado di certezza sarà il fattore per decidere...alcune donne vogliono un test prenatale precoce indipendentemente dalla rilevanza del rischio: alcune donne vogliono un test prenatale precoce indipendentemente dalla possibilità di un maggior rischio di complicazioni legate alla procedura o al rapporto tra rischio da procedura e probabilità di un'anomalia del feto. Heckerling e collaboratori trovarono che la scelta tra diagnosi precoce e tardiva era il primo fattore di preferenza della CVS nei confronti dell'amniocentesi e che l'aborto legato al test, i livelli di errore nel determinare il cariotipo con conseguente terminazione della gravidanza, o la morbidità materna in seguito ad aborto terapeutico non influenzavano significativamente la scelta del tipo di test. Similmente, Evans e collaboratori riportarono che le donne di maggior età e migliore educazione, con un tasso minore di gravidanze e parti alle spalle, erano più inclini a scegliere il CVS piuttosto che l'amniocentesi”.
Non sono da sottovalutare i rischi psicologici della ricerca della perfezione del nascituro, cui si affida il compimento di un'attesa eccessiva dei genitori: “Ogni esplorazione fetale non abituale, in particolare la realizzazione di un cariotipo, provoca, soprattutto nella madre, una vera interruzione della relazione col bambino, che non finirà se non con il risultato di normalità. I genitori descrivono quasi tutti queste sospensioni del loro progetto, che si manifesta con l'arresto di ogni preparazione materiale della nascita, ma anche con un distacco transitorio da questo bambino sospettato di non dover sopravvivere, nella preoccupazione di non attaccarsi inutilmente. Alla minima anomalia, il sospetto portato sulla qualità del bambino, il dubbio sulla sua integrità presente e soprattutto futura, inducono nei genitori una reazione di rigetto, un desiderio di morte, spesso del tutto sproporzionato con la gravità reale. Questi sentimenti mettono in pericolo grave l'attaccamento, fino ad un vero e proprio lutto anticipato, che, se il bambino sopravvive, lascerà una traccia indelebile. Si corregge più facilmente una diagnosi che una rappresentazione psichica”.
Anche il Comitato Nazionale Italiano di Bioetica mette in guardia rispetto all'eccesso di intromissione nel patrimonio cromosomico fetale, prefigurando un'intromissione nella privacy dell'individuo, in particolare allorché si vadano a scrutare delle malattie non letali e magari ad esordio tardivo: “La capacità di predire -attraverso l'analisi del genoma in epoca prenatale o della costituzione genetica di individui adulti- che un soggetto si ammalerà di una determinata malattia, o di accertare che, pur privo di specifiche patologie, è comunque predisposto a contrarle, può anche comportare un costo elevato in termini psicologici e sociali. È infatti possibile sottoporre l'individuo a discriminazioni in vari ambiti della sua vita quotidiana (sul lavoro, come da parte di società assicuratrici, o addirittura del proprio partner), spesso soltanto sulla base di una maggiore probabilità, ma non della certezza, che un giorno egli possa ammalarsi. Si pone pertanto la necessità di proteggerlo da un cattivo uso delle informazioni genetiche, tale da condurre a comportamenti collettivi discriminanti e limitativi, a qualsiasi livello, dei diritti fondamentali della persona”.
Infine, non bisogna sottovalutare il pericolo dell'abuso nell'uso di queste tecniche: “Non sanno che il rischio zero non esiste, neppure per una ventenne, e che comunque resta il 3% di possibilità che il feto abbia un'anomalia. Oltretutto si tratta di tecniche invasive, che mettono a repentaglio la sopravvivenza del piccolo e non aggiungono quasi nulla a livello predittivo. A 20 anni il rischio di fare figli con handicap è di uno su 1.500. Mentre la possibilità di procurare un aborto con l'amniocentesi è una su 200”.
Proprio per questo le attuali tendenze vanno nel senso di trovare tecniche alternative all'indagine invasiva. Inoltre l'orientamento attuale è fornire una maggiore informazione delle indicazioni reali delle varie opzioni di diagnosi prenatale, tramite un uso sempre più attento del consenso informato.

Rischi e Preoccupazioni sulla Diagnosi Preimpianto
Il primo punto da ricordare è che diagnosi preimpianto vuol dire selezione. In altri termini, vuol dire che siamo di fronte non ad una diagnosi fatta per curare, ma per eliminare gli embrioni malati. Il dibattito si sta oggi ponendo non sul fatto se sia eticamente giusto selezionare degli embrioni, ma su quali bisogna selezionare. C'è chi argomenta che è corretto permettere l'accesso alla diagnosi preimpianto solo per malattie ad alta gravità, altrimenti si rischia di cadere nel consumismo procreativo e altri spiegano che invece così facendo si ledono la dignità dei malati di quelle malattie (per esempio spina bifida, mucoviscidosi) che si sentirebbero così considerati portatori di una vita non degna: i sostenitori di questa seconda teoria invocano invece un accesso alla selezione del figlio unicamente secondo le richieste dei genitori. Anche l'accesso alla selezione del sesso non deve, secondo loro, essere vietata; l'importante, spiegano, è che il sesso del nascituro venga scelto per “bilanciare” il sesso dei figli preesistenti, e non per scegliere il sesso del primo figlio. Julian Savulescu scrive: “Le coppie dovrebbero selezionare gli embrioni o feti che si presume avranno la miglior vita, sulla base delle informazioni genetiche disponibili, includendo quelle sui geni non patologici. Sostengo pure che dovremmo permettere la selezione per i geni non patologici anche se questo mantiene o aumenta la disuguaglianza sociale. In particolare parlerò dei geni dell'intelligenza e la selezione in base al sesso”. Stiamo assistendo allora alla giustificazione della selezione sulla base addirittura di anomalie dentarie del concepito o – se un domani sarà possibile diagnosticarla in sede embrionaria – della tendenza sessuale di quest'ultimo, o anche della caratteristica di una predisposizione per la musica. Esiste anche una tendenza a selezionare il figlio sulla base non di un “completo benessere” di quest'ultimo, ma anche per imporgli dei caratteri che ai più non sembrerebbero desiderabili, come ad esempio la sordità.
Con la diagnosi preimpianto per definizione si eliminano dunque degli embrioni sulla base delle caratteristiche genetiche. Esistono poi i rischi a lungo termine, legati alla manipolazione e all'asportazione di 1-2 cellule da un gruppo di 8, ancora ignoti non essendoci ovviamente un follow-up temporalmente adeguato.

Un Rischio in Comune: la Perdita della Nostra Privacy Prenatale
È recentemente stata data la notizia della produzione di un kit fai-da-te per la determinazione del sesso del nascituro. Il test è possibile a 5 settimane di gestazione, proprio nel periodo in cui l'interruzione di gravidanza è permessa in molti Stati. Alte proteste si sono levate soprattutto dai Paesi in cui, come in India, il problema della eliminazione dei feti di sesso femminile è molto grave. Ma anche ambienti sensibili ai diritti della donna si sono lamentati della commercializzazione di un prodotto a possibile ricaduta sessista. Dunque è possibile sempre più agire per conoscere i segreti del nascituro, spesso non a suo vantaggio. Da varie parti in letteratura scientifica si sta sempre più parlando dei diritti alla privacy del nascituro al fine di non subire discriminazioni prima e dopo la nascita. Nel 1989 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha tracciato le linee per una tutela della nostra privacy prenatale. Ogni persona ha diritto a non subire discriminazioni anche prima della nascita, in base al sesso, alle caratteristiche o attitudini future e l'OMS suggerisce di limitare la possibilità per i genitori di ottenere eccessive informazioni sul figlio: “La diagnosi prenatale è eseguita solo per dare ai genitori e ai medici informazioni sulla salute del feto. L'uso della diagnosi prenatale per test di paternità, eccetto in caso di stupro o incesto, o per selezione legata al sesso, eccetto nei casi di malattia legata al sesso, non è accettabile”. Scriveva il genetista tedesco Wolfram Henn nel 2000: “Ci può essere dubbio che un kit per il DNA che prometta ai futuri genitori una buona chance di avere un figlio alto, magro, brillante non sarebbe un best-seller? Credo che questa sia incompatibile col principio di nil nocere. Perciò c'è urgenza di estendere l'attuale proibizione di test per la paternità o per il sesso ad ogni parametro che non sia correlato a gravi malattie del nascituro”. Tuttavia si discute oggi, come ad esempio fa David Wasserman della Yale University, se questa selezione prenatale in base ai caratteri debba essere fatta solo per le malattie gravi (sindrome Down, in testa) oppure, al fine di non stigmatizzare i disabili, debba essere consentito l'accesso ad ogni possibile tipo di curiosità su embrione e feto. Dorothy Wertz and John Fletcher riportano che “più di un quarto dei genetisti nei Paesi occidentali sarebbe pronto a eseguire diagnosi prenatale per la selezione in base al sesso, e l'8% afferma che i pazienti hanno il diritto a qualunque servizio per cui possono pagare”, e in India il problema è così grave che esiste una legge contro la selezione legata al sesso e lo stato di Maharashtra ha varato una legge che punisce i medici che partecipano a tali azioni. Esistono altri rischi di abuso, e il Comitato Nazionale Italiano di Bioetica si è pronunciato su questo argomento. Dall'Utah, Botkin, pediatra e bioeticista sottolinea, in un articolo intitolato “Privacy fetale”, che “man mano che la tecnologia avanza, sarà possibile lo screening per condizioni che non producono gravi difetti. I futuri genitori potranno perciò presto selezionare l'embrione in vitro più desiderabile, o terminare i feti indesiderabili fino ad ottenere il figlio desiderato. La professione medica deve assumersi la responsabilità di stabilire le linee-guida per l'uso della tecnologia riproduttiva”. È ovviamente giusto conoscere prima della nascita la possibilità di patologie curabili, ma che dire della possibilità di rivelare la predisposizione a quelle che curabili non sono e che magari si presenteranno ad un'età avanzata? È diritto dei genitori sapere tutto del figlio quando questo sapere tutto non va nell'interesse del figlio stesso? Come non intravedere invece un conflitto di interessi per la possibilità che queste informazioni rischiano di andare a detrimento del nascituro? “Un domani che noi sapremo vedere dall'embrione che il bambino avrà tale o talaltra caratteristica ...che sarà maschio, femmina, che avrà gli occhi blu e il bernoccolo della matematica ci saranno genitori che diranno: non lo vogliamo così. Immaginate l'imbarazzo dei medici tra 50 anni quando saranno interpellati per casi analoghi?”. Ma l'intrusione nella privacy prenatale non solo lede il diritto alla riservatezza perché può portare a terminazione della gravidanza, ma va oltre: chi nasce dopo l'intrusione prenatale nel suo DNA si trova già dalla nascita con i suoi “segreti genetici” decifrati. E si trova nella condizione di conoscere cose che forse avrebbe preferito non sapere. La riservatezza delle notizie riguardanti la sfera della fisiologia e della salute personali può essere aggirata se i miei dati, che da adulto non darei a nessuno, vengono decodificati prima della nascita.

Un Rischio Ulteriore: la Generazione dei Sopravvissuti
La diagnostica prenatale-preimpianto pone un altro problema: qual è il sentire dei bambini nati nell'attuale stato di possibilità selettiva prenatale? C'è chi parla dell'attuale come una “generazione di sopravvissuti”. In realtà, questa immagine è forse eccessiva, ma chi nasce oggi, sa di esser nato in un clima culturale in cui nascere è un diritto di chi è conforme al piano dei genitori. “La nozione di bambino desiderato è divenuta quella di bambino programmato. Lentamente si è instaurata una nuova logica dicotomica: una donna è o incinta o sterile; il bambino è o programmato, dunque desiderato, oppure non programmato, dunque indesiderabile”. Queste parole la dicono lunga sul clima culturale del concepimento oggi: il figlio viene programmato, è una scelta, se ne procrastina sempre più la nascita, si lascia unico, al massimo con un fratellino, è oltremodo viziato per liberarsi dei sensi di colpa, e oltretutto si vizia non con le cose che lui realmente vuole, ma con quello che è nel desiderio dell'infanzia non realizzata degli adulti. Dunque il bambino oggi parte con il peso di chi sa che la norma è concepire per soddisfare un bisogno. E di chi sa che se non fosse stato adatto sarebbe (forse) stato respinto prima di nascere. Il fatto che la sua propria famiglia non faccia appieno parte di questo clima e l'abbia concepito in modo del tutto gratuito, allevia ma non del tutto questo peso. “Il bambino sottoposto al desiderio altrui è un bambino onnipotente cui è forse difficile fissare dei limiti. I suoi genitori hanno, prima o dopo di lui, soppresso uno o più bambini in fin dei conti per desiderio di lui, perché potesse vivere. Quanto deve valere allora lui, per cui un tale sacrificio è stato consumato?”. Dunque diagnosi preimpianto o diagnosi prenatale sono segni di paura per il figlio non voluto, ma anche segni del sentore che la società del terzo millennio sia fatta solo per chi è conforme. Non a caso il conformismo è la guideline dell'attuale generazione dei teenagers, dai sociologi detta degli echo-boomers, cioè caratterizzata dal vivere senza desideri veri, ma solo riflettendo (come una eco) le idee e le aspirazioni dei genitori.

Conclusione
Come infine non menzionare però il vero problema che è alla base di tutto questo; di questo accanimento diagnostico e di questa ingerenza nella vita prenatale? Da quanto riportato, credo che il succo della questione stia nella paura della vita inaspettata. Che il figlio indesiderato sia diventato indesiderabile, che ormai esista una vera handifobia, una fobia vera e propria verso l'evento duro e difficile della malattia, del figlio malato, che rapidamente, invece di generare affetto e solidarietà genera fuga e rimozione.
Quali saranno le ripercussioni psicologiche su chi verrà a sapere di essere sopravvissuto di una fratria di embrioni? È possibile superare la logica consumista che lega la nascita al compimento dei desideri dei genitori? È possibile educare a non temere quello che non si è programmato, sapendo che fa più paura la realtà immaginata della realtà reale? Rispondere e superare questo è un imperativo per chi fa cultura e per chi è chiamato a tutelare la salute.

domenica 18 maggio 2008

una firma per Davide....

firma la petizione

http://minimokarma.blogsome.com/2008/05/12/una-firma-per-davide/

Davide è nato il 28 aprile agli Ospedali Riuniti di Foggia. Subito dopo la nascita è stato trasportato in terapia intensiva neonatale per uno pneumotorace. Nelle ore, nei giorni successivi le notizie si sono susseguite, in un crescendo che ha via via eroso la speranza: Davide forse non ha i reni, Davide certamente non ha i reni, Davide ha la sindrome di Potter. Nome simpatico per una malattia terribile. I bambini affetti da sindrome (o sequenza) di Potter non hanno i reni, hanno i piedi torti, non hanno o hanno poco sviluppati gli ureteri e la vescica, hanno malformazioni al viso (facies di Potter) e, nel 60% dei casi, malformazioni intestinali ed anorettali. Nel caso di Davide, a ciò si aggiunge l’altissima probabilità di danni cerebrali per mancanza di ossigeno durante il parto. La prognosi per la sindrome di Potter è “costantemente infausta” (R. Domini-R. De Castro, Chirurgia delle malformazioni urinarie e genitali, Piccin, Padova 1998, p. 96). Quasi tutti i bambini affetti da questa malattia muoiono subito dopo il parto. Nel caso di Davide, le cose vanno diversamente. Il bambino sopravvive alle prime ore. Nei giorni successivi le sue condizioni polmonari migliorano, fino a non rendere più necessaria la respirazione artificiale. Nel raccontare i nudi fatti abbiamo tralasciato di riferire lo stato d’animo dei genitori. Non occorre spendere molte parole: ognuno può figurarselo. I genitori di Davide passano dalla felicità per la nascita al dolore, alla speranza che cerca di alimentarsi frugando nelle pieghe dei resoconti dei medici. I quali, però, di speranze non ne lasciano. L’indicazione che ricevono dai sanitari è chiara: un bambino con quella malattia non può sopravvivere, insistere sarebbe egoismo. Si rassegnano, comprendono. E’ doloroso, ma bisogna fare i conti con la realtà. Quando Davide comincia a respirare da solo, la situazione cambia di colpo. Ai genitori, che con non poca sofferenza hanno accettato una situazione così disperante, si chiede ora di fare una scelta: evitare ogni ulteriore trattamento, oppure autorizzare la dialisi. Non è una scelta facile. Nessun genitore vorrebbe arrendersi alla morte del figlio. Ma la dialisi è forse, in questo caso, una forma di accanimento terapeutico. Una terapia dolorosa ed invasiva che con ogni probabilità non eviterà a Davide la morte. I genitori sono confusi. Non è facile passare dalla gioia al dolore alla speranza alla rassegnazione. Né è facile capire cosa è bene e cosa è male per Davide. Chiedono tempo. Vorrebbero discuterne con il comitato etico dell’ospedale. Nella rivista eMedicine si legge che nel caso di sindrome di Potter con pneumotorace “può non essere indicato un ulteriore trattamento”, e che “la decisione dev’essere presa dopo una discussione con i genitori”. Così vanno probabilmente le cose all’estero; non in Italia. Nessuna discussione, nessuna riunione del comitato etico. Con un atto di forza incomprensibile ed umanamente deprecabile, il primario del reparto di terapia intensiva degli Ospedali Riuniti si rivolge al Tribunale per i Minori di Bari per chiedere la sospensione dei genitori di Davide dalla potestà genitoriale, ottenere di esserne nominato tutore e autorizzare, in quanto tutore, il suo trasferimento presso un ospedale attrezzato per la dialisi. Viene accontentato. Con provvedimento del 10 maggio il Tribunale per i Minori di Bari sospende la potestà genitoriale dei genitori di Davide. La decisione è presa “inaudita altera parte e senza ulteriori approfondimenti del caso”, dice il provvedimento. Che vuol dire: senza ascoltare i genitori di Davide e senza nemmeno chiedersi cos’è una sindrome di Potter.Ora Davide si trova presso l’ospedale Giovanni XXIII di Bari. Vi è stato trasportato senza che i genitori venissero informati; hanno saputo dove si trovava il figlio solo a trasferimento avvenuto. Ai medici dell’ospedale di Bari, persone umane e premurose, non sono stati forniti i numeri di telefono dei genitori di Davide.Le condizioni di Davide sono attualmente disperate.Non è facile, in situazioni così gravi e difficili, fare la cosa giusta. Sbagliare è comprensibile, sempre; in questi casi lo è di più. Ma è difficile non scorgere in alcuni passaggi della storia che è stata raccontata una incomprensibile insensibilità nei confronti di persone che si sono trovate ad affrontare un grande dramma umano. Il provvedimento di sospensione della potestà genitoriale è offensivo e umiliante, ed ha arrecato una grande sofferenza psicologica a persone già duramente provate.Per questo chiediamo che il provvedimento venga sospeso e che venga riconosciuto ai genitori di Davide Marasco il diritto di dire la loro sul futuro di loro figlio e sui trattamenti medici cui sottoporlo.

venerdì 16 maggio 2008

annullare le nuove linee guida.....

Roma, 15 mag. (Adnkronos Salute/Ign) - La volontà del governo è quella di cambiare le linee guida alla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Lo assicura il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla Famiglia, Carlo Giovanardi, intervenuto questo pomeriggio a Roma alla Giornata internazionale della famiglia 2008, organizzata dal Forum delle Associazioni familiari."Il precedente Governo di centrodestra e la maggioranza parlamentare nel 2004 hanno approvato la legge 40 che - ricorda Giovanardi - è stata poi confermata dal referendum, quindi la volontà di questa maggioranza è quella di cambiare la circolare dell'ex ministro della Salute Livia Turco che non può, in quanto circolare, modificare la volontà del Parlamento italiano. Siamo - prosegue - in uno Stato di diritto, quindi decide il parlamento sovrano".Incalza il vicepresidente della Camera, Rocco Buttiglione, che presa la parola nel corso dell'incontro, auspica di tornare alla legge 40 togliendo le linee guida emanate in extremis dalla Turco. "La legge 40 va corretta per via della modifica introdotta surrettiziamente dall'ex ministro della Salute, Livia Turco, con le linee guida" dice Buttiglione, che ricorda al Forum delle Associazioni familiari "di essere un soggetto politico, ma non partitico".Sulla stessa linea anche il neo sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella secondo cui andrebbero "sospese" le direttive Turco. "Stimo l'ex ministro Livia Turco, ma ha fatto una cosa molto scorretta a Governo scaduto - commenta Roccella, riferendosi alle linee guida alla legge 40 - comunicando poi di essere intervenuta sulle linee guida a elezioni già avvenute. E invece la sua decisione sarebbe stata un elemento di scelta per gli elettori". Posizioni che ovviamente sollevano le critiche dell'opposizione che difendono il provvedimento. "Il sottosegretario Giovanardi non sa di cosa parla. Le linee guida emanate dal ministro Turco hanno risolto specifiche questioni che impedivano il ricorso alle tecniche di procreazione assistita", dice Vittoria Franco, ministro ombra per le Pari opportunità del Pd aggiungendo che le linee guida Turco "sono quanto mai opportune e hanno reso più umana la legge sulla procreazione assistita". Più duro il commento di Maria Antonietta Farina Coscioni (Radicali). "Da sempre Giovanardi si distingue per essere portavoce ed alfiere di tutte le politiche repressive, codinamente proibizioniste e antiscientifiche. Il suo annuncio, grave, dunque non sorprende e si accompagna alla sua e non solo, offensiva di sempre che ha come scopo di scardinare ogni principio dello Stato laico, e in essa ogni giorno si consumano pesantissime interferenze e violenze sulla persona. Se, come si dice, il buon giorno si vede dal mattino, l'annuncio di Giovanardi è molto più eloquente di quel che si intende fare".

la volontà del governo sulle linee guida

È «volontà di questa maggioranza cambiare la circolare della Turco» sulla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita: lo preannuncia il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi, esprimendo così un’opinione diversa da quella della collega di Governo Stefania Prestigiacomo.Le linee guida approvate dall’ex ministro della Salute Livia Turco costituiscono, secondo Giovanardi, un documento «che non può modificare una cosa che il Parlamento ha approvato e che un referendum popolare ha confermato. Siamo in uno stato di diritto - ha affermato il sottosegretario della presidenza del Consiglio responsabile per le politiche familiari e sulla tossicodipendenza a margine di un convegno promosso a Roma dal forum delle famiglie - è il Parlamento che decide e non le circolari della Turco». Non è, dunque, d’accordo con la Prestigiacomo? «Sono d’accordo con la maggioranza e con il Governo di cui faccio parte», ha risposto Giovanardi."Riaprirò il dipartimento sulla tossicodipendenza smantellato da Prodi"Il sottosegretario vuole inoltre «rifare il dipartimento» sulla tossicodipendenza che, sostiene, «è stato smantellato due anni fa» dal precedente Governo di Romano Prodi. Preannunciando l’intenzione di incontrare gli operatori impegnati nella lotta alla tossicodipendenza in una conferenza internazionale da tenersi prima della fine dell’anno, Giovanardi ha tenuto ad affermare che «drogarsi è illecito. Così come non si inquina l’ambiente - ha detto intrattenendosi con i giornalisti a margine di un convegno del Forum delle famiglie - non si può consentire che le persone si inquinino dentro».

giovedì 15 maggio 2008

Nuova iniziativa per cambiare la legge40

Non tutti sanno o hanno capito che nonostante le nuove linee guida della legge 40 NON E' possibile a tutti l'accesso alla fecondazione assistita nel contesto pubblico se non si è in possesso di determinati requisiti...
ad esempio sei portatore di una malattia genetica ma non sterile? non puoi....
con un petizione che è girata su Internet abbiamo ottenuto la firma delle nuove linee guida ma non è stato sufficiente.
a tal fine è in corso una nuova iniziativa :

Procedura d’infrazione legge 40/2004
In linea generale – qualora si identifichi una violazione del diritto comunitario – chiunque può chiamare in causa uno Stato membro presentando denuncia presso la Commissione contro un provvedimento (legislativo, regolamentare o amministrativo) o contro una prassi imputabile a tale Stato, che il denunciante ritenga contrari ad una disposizione o ad un principio del diritto
comunitario. Perché una denuncia sia ricevibile, deve riguardare una violazione del diritto comunitario commessa da uno Stato membro.
Nel caso de quo, a seguito della presentazione al Parlamento della relazione sugli effetti della legge40 del 2004, sono certificati e documentati in modo ufficiale le conseguenze dell’applicazione di una norma di Stato. Risulta palese ed evidente la violazione di molte norme di diritto comunitario.

Chi può agire:
1. coppie che hanno effettuato riduzioni embrionarie;
2. coppie che hanno avuto aborti spontanei a seguito di gravidanze trigemine;
3. coppie che non hanno avuto alcuna gravidanza poiché i tre ovociti fecondabili, per una
produzione al massimo di tre embrioni, non hanno prodotto alcun embrione;
4. coppie che non hanno potuto ottenere l’inseminazione di tutti gli ovociti, per produrre più
embrioni e crioconservare embrioni;
5. coppie che non hanno potuto fare la diagnosi preimpianto e a seguito di esami successivi
hanno dovuto interrompere la gravidanza;
6. coppie che non hanno potuto accedere alla pma perché bisognosi di tecniche eterologhe,
vietate dalla legge 40/04;
7. coloro che volevano donare i propri embrioni anomali o da abbandonare alla ricerca
scientifica.
Come in tutti i procedimenti è garantita la Privacy.
Dati necessari:
1. nome, cognome, data di nascita e luogo, residenza, codice fiscale;
2. vicenda personale;
3. esigenza – la tecnica consigliata e applicata in assenza di legge 40/04;
4. diniego ricevuto;
5. eventuali iniziative giudiziarie in Italia e conseguenze;
6. firma, mandato e liberatoria.Costo: i legali di Amica Cicogna onlus non percepiranno onorario; per i soci di qualsiasi tipo
dell’associazione non vi sono costi, tranne le spese relative a fotocopie e raccomandata (circa 15-20
euro).
Naturalmente chi vorrà potrà associarsi o effettuare una donazione all’associazione Amica Cicogna.
Per informazioni: amica.cicogna@virgilio.it (filomenagallo@gmail.com o chiara.lalli@gmail.com).

mercoledì 14 maggio 2008

Monica e Luca

ti racconto la mia storia, affinché tu possa diffonderla e sensibilizzare chi di dovere sulla questione......
Luca è nato il 10 settembre 2003 un bel bambino robusto e sano (3,800kg alla nascita e APGAR 9/10). Ma questa certezza di avere un figlio sano è crollata ben presto perché a tre mesi Luca è stato operato di cataratta congenita bilaterale totale. La diagnosi della cecità di mio figlio me la sono fatta praticamente da sola perché, né i pediatri dell’ospedale dove è nato, né il pediatra di base durante le prime due visite di controllo avevano sospettato di niente. Con quella diagnosi e con quella operazione era svanito per noi genitori il sogno di avere un figlio sano. Ma dopo lo shock iniziale cerchiamo di guardare con fiducia al futuro, sappiamo che ci aspettano molta ospedalizzazione e tanta riabilitazione visiva, oltre ad una pazienza da certosini perché mettere delle lenti a contatto ad un bimbo di pochi mesi non è una passeggiata. La situazione comincia ad essere per noi più tranquilla, certo dobbiamo portare il bambino dall’optometrista per i controlli anche due volte al giorno, ma Luca risponde molto bene con la ripresa visiva e, sebbene avrà una primissima infanzia in cui dovrà convivere con un forte stato di ipovisione, ci sono buone speranza per la ripresa della vista dopo i primi anni di vita…. La strada è lunga ma lo scoglio maggiore ci sembra superato e poi non potrò mai dimenticare la prima volta che l’ho visto guardarmi. Purtroppo ancora non sapevamo che Luca non avrebbe mai avuto mai la possibilità di arrivare a quei primi anni di vita….
I mesi passano e Luca diventa un bambino molto tranquillo, buonissimo, però certo che si muove un po’ poco rispetto al fratellino. Ma ci convinciamo che ogni bimbo ha i suoi tempi e il suo carattere e non tutti i bambini seguono le stesse tappe. Ma arriva il momento in cui bisogna iscrivere il bambino all’asilo nido e siccome Luca ha bisogno di una insegnante che si dedichi tutta a lui visto che ci vede pochissimo, andiamo al centro della Tutela della Salute Mentale e della Riabilitazione in Età Evolutiva della ASL RM/C 11 per il certificato necessario. L’incontro con la neuropsichiatra infantile che visita Luca mi apre gli occhi sul fatto che Luca ha un ritardo psicomotorio e che ha bisogno di fare della terapia riabilitativa. Così iniziamo un periodo intensivo di terapia, periodo in cui Luca fa discreti progressi, impara a rotolarsi da una parte all’altra e a stare seduto da solo. Visto il suo problema di ipovisione, e visto che maggiori sono gli stimoli visivi che gli si danno e maggiore sono le cose che Luca riesce a fare, il parere concorde della neuropsichiatra e di uno dei più stimati genetisti di Roma è che il ritardo motorio di Luca sia probabilmente associato al problema della vista e che bisogna continuarlo a seguire nel tempo pur non essendoci evidenziazione di alcun altra possibile complicazione o patologia. (tanto è vero che il genetista non rilevando nulla dalla visita obiettiva non procede neanche a eventuali screening genetici).
Luca oramai ha 11 mesi e noi ci concediamo una piccola pausa dalle preoccupazioni e partiamo per le vacanze estive. Questo è stato l’ultimo momento felice e sereno che abbiamo potuto trascorrere in famiglia io mio marito e i nostri due bambini. Al ritorno dalle vacanze inizia per noi un periodo pazzesco perché Luca nel giro di 20 giorni perde giorno dopo giorno tutte le sue capacità motorie, acquisite con tanta fatica. Così a settembre, subito dopo il compimento dell’anno ricoveriamo Luca al Bambin Gesù nel reparto di neurologia con una domanda di ricovero che rileva la mancanza dei riflessi rotuleo tendinei, una gravissima ipotonia muscolare generale e che richiede degli accertamenti per una sospetta miopatia.
Iniziano gli accertamenti, ma tutte le analisi cliniche effettuate risultano negative, compresi alcuni screening di tipo metabolico; inoltre, la neurologa del reparto continua ad osservare Luca mentre mangia e si meraviglia che un bambino con un’ipotonia così grave riesca tranquillamente a deglutire e non abbia avuto nel corso della sua vita frequenti episodi di infezioni polmonari. A vederlo, Luca è un bimbo che scoppia di salute, cicciotello e robusto, peccato che non riesca più ad avere il controllo del capo e ad alzare le braccia e a tenere degli oggetti in mano che siano più pesanti di un foglio di carta. Sembra che abbia dei muscoli di cartone. Allo stesso tempo Luca ha iniziato a dire le sue prime paroline e ha una gran capacità di comunicare con i suoi occhi. Alla dimissione non abbiamo ottenuto nulla, dobbiamo aspettare solo i risultati di test su sindromi genetiche, solo successivamente potranno decidere come procedere ad ulteriori accertamenti anche più invasivi. Così passa un altro mese e Luca continua a peggiorare e regredire, la cosa che più mi dispiace è che mi accorgo che Luca sorride sempre meno e non riesco a spiegarmelo visto che faccio i salti mortali come madre per tenerlo sempre impegnato e per trovare dei giochini leggerissimi che anche lui riesca a tenere in mano o a far funzionare. Nel frattempo chiaramente continuiamo a fare terapia ma purtroppo non ci sono risultati anzi, nonostante la terapia Luca peggiora. Veniamo ricontattati dal Bambin Gesù e, visto che anche gli ultimi esami sono risultati negativi, si procede ad una elettromiografia che per la prima volta evidenzia che nel muscolo c’è una sofferenza di tipo neurogeno. Per la prima volta sentiamo parlare di SMA, ma i medici effettuano subito il prelievo per testare il cromosoma 5 e nel giro di tre giorni sappiamo che anche quest’ultimo esame era negativo. Però ci spiegano che il cromosoma 5 è il responsabile all’incirca del 96-98% dei casi di SMA e quindi dobbiamo procedere con la biopsia muscolare perchè solo l’esame sul DNA può darci dei risultati. I medici però non nascondono la loro perplessità sul fatto che possa trattarsi di SMA perché, nonostante ci siano delle evidenze cliniche simili, ci sono molti aspetti che non quadrano in particolare la non difficile deglutizione, il fatto che la respirazione del bambino sia mista e non prevalentemente addominale e soprattutto la cataratta congenita che non è presente nei bambini affetti da SMA in nessun altro caso. I medici non vogliono spiegarci cosa è la SMA perché vogliono avere prima la certezza della diagnosi anzi ci sconsigliano di andare a “curiosare” su internet perché lì vengono di solito certificati solo i casi peggiori in quanto la maggior parte dei siti ha come scopo principale la raccolta dei fondi.
Non resistiamo, così veniamo a conoscenza di questa ATROFIA MUSCOLARE SPINALE dalla pseudo-cultura di internet dove chiaramente capiamo che si tratta di una patologia gravissima e che più precoce è l’insorgere della malattia più infausta è la prognosi. Noi ci attacchiamo con tutte le nostre forze alla speranza che anche i risultati della biopsia vengano negativi, in fin dei conti non ci ritroviamo con nessuna delle descrizioni della malattia. Studiando da autodidatti scopriamo che la SMA viene classificata in 4 tipi diversi e solo il primo tipo porta alla morte del bambino in tempi brevissimi, ma leggiamo anche che la diagnosi del tipo I viene quasi sempre effettuata nei primi sei mesi di vita. Luca nei primi sei mesi di vita, non aveva grandi problemi al di là della vista, quindi speriamo con tutti il nostro cuore che si tratti almeno del secondo tipo, in cui i bambini, seppur confinati ad una sedia a rotelle possono comunque condurre una vita dignitosa.
Il 18 dicembre 2004 ci arriva una telefonata che ci conferma che il bambino ha una malattia della famiglia della SMA ma che non è possibile classificarla fino a che la coltura sul DNA non ci dà ulteriori elementi.
Purtroppo anche se la speranza di un genitore è veramente l’ultima a morire ci sembra evidente che SMA o non SMA la situazione è gravissima perché Luca sta continuando a peggiorare e oramai non riesce più da un paio di mesi a parlare o a sorridere perché gli si sono gradualmente bloccati i muscoli mimici del visi (quelli del labbro superiore per intenderci). Non mi importa neanche più tanto dare un nome alla malattia di mio figlio, so solo che lo vedo spegnersi sotto i miei occhi e indebolirsi sempre di più. Mi sorprendo come questi bambini, che tra l’altro sviluppano un’intelligenza superiore alla media, imparino a comunicare con gli occhi e con lo sguardo e mi sorprende soprattutto che anche Luca ci sia riuscito, visto i suoi precedenti problemi di vista,eppure gli occhi così provati nella loro funzionalità diventano per lui l’unico modo per chiamarti, per sorridere, per dirti se sta scomodo nella posizione in cui l’hai messo o semplicemente se ha voglia di coccole e vuole la tua attenzione.
Ci sentiamo soli come genitori, abbandonati e lasciati soli a risolvere i grandissimi problemi di gestione che nel frattempo sono arrivati. In particolare mi sento una madre impotente che sta a disposizione di suo figlio 24 ore al giorno (perché anche la notte questi bambini vanno girati perché si stancano sempre nella stessa posizione) ma che non sa come dargli da mangiare in modo che lui non si strozzi, in modo che non insorgano le terribili crisi ab ingest di cui so, sempre da internet, che ben presto andrà incontro. E come potrò fare quando avrà la sua prima crisi respiratoria e lo vedrò soffocare davanti ai miei occhi? Perché nessuno mi dice come e quanto dargli da mangiare? In quale posizione? Perché mi lasciano sola a risolvere questi problemi? Io voglio evitare il più possibili ulteriori traumi al mio piccolo Luca così imparo piano piano con l’esperienza a porgergli il cucchiano tra un respiro e l’altro e a non insistere se non vuole mangiare. Certo anche io se dovessi scegliere tra fare un respiro o mandare giù un boccone sceglierei l’aria… ma mi preoccupo sempre di più perché passano giorni interi in cui Luca non mangia quasi nulla e se continua così temo che dovremo passare alla nutrizione via sondino. Povero Luca, la vita è stata già così ingrata con lui che io a questo punto ho solo due desideri: che non soffra e che possa vivere in maniera dignitosa quel poco che ha da vivere.
Mi decido così di scrivere ad un newsgruop su internet riservato ai genitori di bambini affetti da SMA, non ho ancora la certezza che mio figlio abbia questa patologia e soprattutto non so di quale tipo, ma spero che l’esperienza degli altri possa aiutarmi a risolvere i nostri grandi problemi quotidiani di alimentazione, di igiene quotidiana, di spostamenti, di postura. E così vengo a conoscenza dell’esistenza del SAPRE, il Centro di Assistenza Precoce e di Formazione per genitori che hanno figli con malattie fortemente invalidanti, che finalmente mi ha dato la sensazione di non essere un extraterrestre che parlava di problemi gestionali fantascientifici ma solamente una madre alle prese con le quotidiane criticità che si incontrano nella cura di bambini affetti dalla SMA. Così ho potuto conoscere telefonicamente Chiara Mastella che conosce tutte le problematiche della malattia e che è un continuo tramite tra i genitori e le strutture sanitarie. Ha avuto la pazienza e la forza per rispondere ad una quantità infinita di domande, a volte anche senza senso, che per mesi erano rimaste nella mia mente senza risposta; la sua preparazione e la sua conoscenza di questo “nostro mondo” mi ha aiutata a fare chiarezza su molti aspetti pratici che mi spaventavano e mi tormentavano. La sua obiettività e imparzialità nel presentare le possibili scelte terapeutiche che si possono intraprendere è davvero encomiabile e, sicuramente, non facile… Detto fatto finalmente pensavo di aver trovato la persona giusta e avevamo già deciso con mio marito di andare qualche giorno a Milano per farci fare la formazione che tanto avevamo sperato di trovare.
Non abbiamo fatto in tempo: Luca il 20 gennaio ha smesso di lottare e improvvisamente, senza preavviso se ne è andato per un attacco cardio respiratorio.
In noi c’è il dolore e il vuoto immenso per la perdita di un figlio di 16 mesi, ma anche il rammarico per non essere stati capaci ad assisterlo nel migliore dei modi. Il sostegno psicologico e formativo che questa signora di Milano poteva darci è arrivato troppo tardi. Anche se la diagnosi non era specifica i problemi pratici noi li avevamo comunque e ritengo che le strutture sanitarie ci avrebbero dovuto indirizzare al SAPRE (che tra l’altro è un servizio pubblico) in ogni caso. Al di là del fatto che Luca ha sviluppato in forma unica una malattia già di per sé rara, e che questo non ci ha portato ad avere una diagnosi specifica e quindi una prognosi (che noi infatti non abbiamo mai avuto), non abbiamo potuto prenderci cura del nostro piccolo nel modo migliore.
Noi ci auguriamo che Luca abbia vissuto bene quel poco che gli è stato donato e che si sia sentito un bambino speciale, molto amato dalla sua mamma e dal suo papà ma anche da tutte le persone che per qualunque motivo sono entrate in contatto con la sua immobile ma grande esistenza.

martedì 13 maggio 2008

una seconda scelta per donare l'8x1000

silvia ci consiglia un' altra opzione per donare l'8 x 1000


http://www.ottopermillevaldese.org./progetti/index.php

Una speranza di prevenzione.....


Una delle maggiori difficoltà che si incontrano nell’analisi del genoma è la precisione nella diagnosi delle malattie monogeniche e di conseguenza la possibilità di identificare i portatori sani. Si prenda, per esempio, l’atrofia muscolare spinale (SMA). La malattia è relativamente frequente tra quelle monogeniche – 1:10.000 circa – ma il punto cruciale è la diffusione dei portatori che è di 1 su 50, la più alta in tutte le popolazioni dopo la fibrosi cistica (1su 25). Questo numero presuppone la possibilità di sviluppare test di popolazione per identificare i portatori sani.....

Un nuovo test per i portatori sani di SMA
di Stefano Govetto

da Distrofia muscolare n. 163, settembre 2007

La UILDM di Udine finanzia l’Istituto di Genetica dell’Università locale e diventa concreto un progetto finalizzato alla messa a punto di un nuovo test del DNA per i portatori sani di amiotrofia spinale



Realizzare entro un anno un test diagnostico affidabile, rapido ed economico per individuare i portatori sani di amiotrofia spinale (SMA): è questo l’obiettivo del progetto avviato dalla Sezione di Genetica del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche dell’Università di Udine, sostenuto con 20.000 euro dalla UILDM della città friulana. Dal canto suo l’Università ha stabilito di cofinanziare con circa 10.000 euro un assegno di ricerca annuale destinato ad un giovane studioso impegnato nel progetto.

Il test sarà messo a punto grazie alla tecnica denominata MLPA (Multiplex Ligation dependent Polymerase Amplification), una delle innovazioni biotecnologiche nei campi della diagnostica e della ricerca applicata alla clinica, la quale consente di individuare i portatori sani di SMA, assemblando le proprietà di diversi metodi adoperati in biologia molecolare.

Migliore prevenzione
Se oggi diagnosticare l’amiotrofia spinale è relativamente semplice, permane laboriosa, costosa e non sempre affidabile la ricerca con gli attuali sistemi dei portatori sani di mutazione del gene SMN1, responsabile della patologia. Poter dunque disporre di un test diagnostico innovativo - come quello su cui stanno lavorando i ricercatori dell’ateneo friulano, coordinati da Renata Lonigro, responsabile per la ricerca e la diagnostica in Neurogenetica - consentirà di attivare una campagna di prevenzione della SMA su larga scala.

L’Istituto di Genetica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine, diretto da Giuseppe Damante, è uno dei pochissimi centri italiani dove sarà possibile effettuare il test di portatore sano con la nuova tecnica.

Un investimento in salute
Ad oggi, se in Friuli Venezia Giulia i malati di amiotrofia spinale sono circa duecento, si conta che in Italia siano quasi diecimila e «la prevenzione - secondo Innocentino Chiandetti, vicepresidente della UILDM di Udine - rimane il mezzo migliore per limitare la diffusione della malattia, non esistendo ancora una terapia efficace. Si stima infatti che i portatori sani di SMA in Friuli Venezia Giulia siano oltre 30.000. Diagnosi sempre più precise con tecniche all’avanguardia e consulenze genetiche mirate hanno ricadute molto importanti nel campo della prevenzione e permettono tutte le cure oggi possibili. Definire con precisione il rischio genetico di trasmissione della SMA (come di tante altre malattie neuromuscolari di cui ci occupiamo) significa mettere i genitori portatori sani nelle condizioni di scegliere consapevolmente se correre o meno il rischio di concepire un figlio con una grave malattia neuromuscolare. In questo senso ritengo che il contributo della UILDM all’Istituto di Genetica rappresenti un investimento in salute. Migliorare oggi le capacità di diagnosi e quindi di prevenzione, significa aumentare domani il tasso di salute della popolazione, evitare grandi sofferenze, diminuire i costi della sanità e dell’assistenza. Tale contributo è l’ultimo di una serie di sostegni al gruppo di specialisti udinesi, di cui il settore genetico fa parte, impegnati nella cura delle malattie neuromuscolari».

Frequenti i portatori sani
Com’è noto ai lettori di DM, l’amiotrofia spinale compromette la forza muscolare degli arti, impedendo la deambulazione autonoma. La forma più grave - la SMA I o malattia di Werdnig-Hoffman - ha un’evoluzione clinica severa, colpisce i neonati ed è caratterizzata da debolezza muscolare e compromissione respiratoria.

Anche nelle forme più lievi, però, la SMA costringe comunque ad ospedalizzazioni frequenti e a intense attività fisioterapiche. Portatori sani, spesso inconsapevoli, della malattia sono soprattutto i genitori e, con il 50% di probabilità, i nonni, gli zii e i fratelli del malato. I portatori sani sono molto frequenti nella popolazione: in media un individuo ogni 50 risulta positivo al test. Una coppia in cui entrambi i partner siano portatori sani rischia di generare un figlio affetto ogni quattro nati.

Punto di riferimento nel Nordest
Due parole, in conclusione, per la Sezione di Neurogenetica dell’Istituto di Genetica, che costituisce un punto di riferimento nel Nordest per la diagnosi di numerose malattie del sistema nervoso e neuromuscolare. In particolare - oltre a quanto detto per la SMA - vi vengono diagnosticate patologie quali la corea di Huntington, la distrofia miotonica di Steinert, la Charcot-Marie-Tooth di tipo 1A, la neuropatia ereditaria con paralisi da compressione e la sindrome X-fragile
info: